L’autunno appena iniziato, oltre ai primi rigori climatici, si appresta a registrare l’ennesima crisi finanziaria per lo scoppio della bolla immobiliare, legata alla società cinese Evergrande. La società, secondo gruppo immobiliare del Paese Asiatico fondato nel 1996 con 1200 dipendenti, ma con un’attività che indirettamente influenza le condizioni di vita di circa 4 milioni di persone, vanta al momento nel proprio portafoglio 1300 progetti immobiliari, a cui, purtroppo, fanno riscontro 305 miliardi di dollari di indebitamento, un ammontare pari al 2% del PIL cinese.
Giovedì scorso era una data cruciale per comprendere la reale situazione gestionale della società, segnando il momento del pagamento di una cedola legata a un bond con scadenza marzio 2022 per un ammontare complessivo pari a 84 milioni di dollari. Il pagamento non si è verificato e il silenzio della società Evergrande su questo fronte, che non depone certamente in modo favorevole nell’analisi della sua situazione, è stato giudicato severamente dai mercati finanziari internazionali.
C’è, infatti, da ricordare che i titoli di questa società sono presenti nei portafogli di alcune importanti istituzioni finanziarie internazionali. Basti pensare, solo per citare alcuni degli esempi più significativi, agli oltre 400 milioni di dollari sottoscritti da Blackrock o, ancora, ai circa 300 milioni da UBS, o, infine, agli oltre 200 milioni presenti in HSBC.
La componente internazionale, che in condizioni di buon andamento gestionale costituisce un ulteriore sostegno reputazionale, si rivela, invece, nei casi di crisi un fattore di marcato aumento della volatilità legata al titolo, applicandosi, come noto, la regola automatica di disinvestimento dell’esposizione da parte delle istituzioni finanziarie; disinvestimento effettuato ai fini di un primo contenimento del proprio rischio, con il risultato finale, peraltro, di accentuare il grado di difficoltà del momento di criticità.
Questa settimana vi sarà un nuovo appuntamento per valutare la reale situazione di liquidità di Evergrande, essendo previsto il pagamento di un’altra rata di oneri finanziari di oltre 47 milioni di dollari. Un appuntamento delicato, a cui la società giunge con l’aggravio di un’ ulteriore notizia negativa, la vendita di una parte della quota di partecipazione azionaria per 32 milioni di dollari da parte del suo secondo azionista, la Chinese Estate Hoding.
Le notizie che filtrano da Pechino, nonostante il pronto intervento governativo che ha già pompato nel sistema creditizio quasi 14 miliardi di dollari e si è dichiarato disponibile a fornire ancora liquidità per altri 17 miliardi, non sembrano proprio rassicuranti. Al di là dei rumors sulla volontà di salvataggio della società, o, in alternativa, sulla decisione di lasciarla al proprio destino fallimentare, rimane il fatto che all’origine della crisi vi è sicuramente il cambio di indirizzo della politica governativa di Pechino, orientata a calmierare i prezzi del mercato immobiliare per contrastare la speculazione che aveva enormemente gonfiato i prezzi di questo mercato.