GIMBE, liste di attesa: recuperato solo il 65% post pandemia

In Italia, le maggiori denunce da parte dei cittadini, riguardano i tempi di attesa per le prestazioni sanitarie. Secondo quanto riferito dal Presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta: “Il problema delle liste di attesa affligge da sempre il nostro SSN, ma negli ultimi anni si è aggravato per l’enorme quantità di prestazioni non erogate durante la pandemia COVID-19”. Secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2020  in Italia sono stati oltre 1,57 milioni i ricoveri programmati in meno; per gli screening oncologici oltre 4,1 milioni di inviti e oltre 2,53 milioni di prestazioni in meno; infine, oltre 112 milioni le prestazioni ambulatoriali “saltate”, tra visite specialistiche, esami di laboratorio e strumentali. Si legge sul portale di GIMBE.

Agli inizi del 2022, il Ministero della Salute ha individuato tre categorie di prestazioni prioritarie: ricoveri per interventi chirurgici programmati, inviti e prestazioni per le campagne di screening oncologici e prestazioni ambulatoriali. Cartabellotta spiega: “Seguendo le indicazioni ministeriali ciascuna Regione ha elaborato un Piano Operativo Regionale (POR) dove ha delineato strategie e modalità organizzative per recuperare le prestazioni non erogate durante il periodo pandemico”.

In merito ai ricoveri per interventi chirurgici, le Regioni hanno inserito 512 mila ricoveri programmati da recuperare, per le quali il Ministero della Salute riporta un recupero stimato di poco più di 338 mila (66%).

È inoltre previsto il recupero di oltre 5 milioni di inviti e quasi 2,84 milioni di prestazioni per screening oncologici.

In totale le Regioni hanno programmato di recuperare quasi 11,9 milioni di prestazioni, di cui Ministero della Salute riporta un recupero stimato di quasi 6,8 milioni (57%). “Un dato –spiega Cartabellotta – che ha avuto conseguenze rilevanti sui tempi di attesa delle nuove prestazioni ambulatoriali, e verosimilmente ne continua ad avere, visto che ne rimangono da recuperare oltre 5 milioni”.

Al fine di agevolare il recupero delle prestazioni, la normativa ha previsto che Regioni e Province Autonome potessero coinvolgere gli erogatori privati accreditati, integrando accordi e contratti esistenti, con la possibilità di destinare ai privati sino a un massimo di € 150 milioni sui complessivi € 500 milioni di finanziamento.

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