Grani locali e acqua di mare tra innovazione e valorizzazione della Dieta Mediterranea

La Dieta Mediterranea, espressione delle diverse culture e abitudini alimentari dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo è al centro di numerose ricerche sui processi di sostenibilità e innovazione da poter sviluppare per la diffusione del modello e il contrasto alla disparità di accesso all’alimentazione. La Dieta Mediterranea si può sintetizzare nel preferire il consumo di cereali possibilmente integrali, frutta, verdura, legumi, olio extravergine di oliva, pesce e moderate quantità di carne. I cerali e le trasformazioni dei prodotti derivati, quali pane, pasta e pizza, sono al centro di numerosi progetti, ricerche, analisi e processi d’impresa per l’innovazione e la sostenibilità. Saper coniugare la valorizzazione dei grani locali, autoctoni, con la valorizzazione dell’acqua di mare e il contrasto ai danni prodotti dal sale classico sembra essere divenuto un nuovo ambito di ricerca estremamente interessante, che merita notevole attenzione. Il pane marino, già proposto da alcuni panifici napoletani, continua a suscitare grande successo. Per produrlo si usa l’acqua di maremicrobiologicamente pura di Steralmar, un’azienda di Bisceglie, unica in Italia a fornire acqua di mare per uso alimentare, grazie a un procedimento brevettato di depurazione. Gi.&Me. Association, presieduta dall’ingegnere Franz Martinelli, sostiene da tempo l’importanza di una collaborazione agroalimentare interna nel bacino del Mediterraneo che a differenza di altri contesti può puntare sulla ricerca, l’innovazione, la qualità dei grani e dei prodotti derivati. Le “varietà locali da conservazione” sono tipologie di grano che mantengono alcune caratteristiche tecniche e agronomiche tipiche del grano diffuso fino agli anni Sessanta del secolo scorso. Le nuove dinamiche dell’innovazione agroalimentare stanno centrando molto l’attenzione sui processi di lavorazione del prodotto e riuscire a conciliare la valorizzazione dei grani locali con l’innovazione dell’acqua di mare pura può divenire la sintesi perfetta tra innovazione e tradizione, valorizzando la Dieta Mediterranea.

La società che sta innescando curiosità è la Steralmar, che ha presentato i suoi prodotti a SEALOGY, il salone sulla blue economy presso Ferrara Fiere, ove ha affascinato il pubblico descrivendo l’impiego di tecnologie avanzate e di ricerca costante sui processi alimentari. Gli impianti modernissimi della società, la collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche e l’Istituto per l’ambiente marino costiero hanno consentito alla realtà societaria di proporre “acqua di mare pura”, un prodotto salubre e affidabile, un output controllato e parametrizzato con qualità organolettiche stabili grazie al contenuto di minerali benefici e al tenore di cloruro di sodio più adatto per l’utilizzo in cucina. Riuscire a diffondere, attraverso campagne di comunicazione e azioni divulgative, digitali e formative, l’utilizzo e il consumo di acqua di mare ad uso alimentare da usare in cucina e per tutte le preparazioni legate alla panificazione da grani locali può divenire una rivoluzione per i paesi del Mediterraneo. Un’azione utile anche alla salute umana. Il sale marino e il salgemma sono sbiancati chimicamente e questo comporta che una parte degli agenti chimici resta residuato nel classico sale da cucina, che usiamo tutti i giorni, dunque nei cibi e nelle preparazioni in cui viene utilizzato. A differenza dell’acqua marina, il sale raffinato viene privato di moltissimi minerali come calcio, magnesio, potassio e ferro che nell’organismo umano svolgono importanti funzioni. L’acqua di mare contiene 92 elementi della tavola di Mendeleev, cioè quasi tutti quelli esistenti in natura e sembra anche agevolare la lievitazione. La valorizzazione dei grani locali, come chiesto da Gi.&Me Association, affiancata all’utilizzo dell’acqua di mare pura, con la ricerca che sta sviluppando la società Steralmar, consentirebbe di realizzare un nuovo tipo di panificazione che, oltre a mantenere ottime qualità nutrizionali e salutistiche, può perseguire anche un obiettivo di valenza ambientale e sociale, rispettando i goals dell’Agenda 2030 dell’ONU. L’aspetto fondamentale su cui riflettere è il processo di panificazione. La riduzione delle risorse idriche disponibili per numerosi settori industriali, fra i quali quello agroalimentare, e la consapevolezza dello spreco alimentare derivante dal settore della panificazione, con un consumo di più di tremila miliardi di litri d’acqua, potrebbe essere abbattuta con l’idea del pane realizzato con acqua di mare. Innovazione agroalimentare che fonda le sue radici anche nelle tradizioni mediterranee. D’altronde, un piatto tipico e simile, chiamato “acquasale”, appartiene alla cucina povera della tradizione cilentana, per i contadini dell’entroterra così come per i pescatori della costa. Quest’ultimi, in particolare, erano soliti ammollare il pane biscottato immergendolo direttamente nell’acqua del mare, da cui il nome. Sempre nel Cilento è possibile gustare l’acquasale mediterranea, in cui agli ingredienti base si possono aggiungere prodotti tipici e locali, quali le alici di Menaica, capperi, olive nere, filetti di tonno nostrano sott’olio e basilico fresco. L’innovazione promossa da associazioni e società che puntano alla diversificazione alimentare e alla ricerca scientifica legata agli elementi e alle capacità nutrizionali trova riscontro nella storia delle popolazioni del Mediterraneo, una coniugazione perfetta tra innovazione, valorizzazione e tradizione alimentare

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