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Il 2021, un anno da record per i criptoprofitti

Nonostante i continui allarmi e le raccomandazioni, lanciati dalle Autorità di Vigilanza dei mercati finanziari nazionali e internazionali e da altre Istituzioni, il 2021 ha registrato una crescita delle criptoattività particolarmente significativa, come si può facilmente evincere dalla loro capitalizzazione complessiva che ha toccato i 2.900 miliardi di dollari.

A fronte di questa effervescenza operativa, secondo un’analisi condotta da Chainanalysis, società statunitense attiva nell’intelligence per la criptoeconomia, lo sorso anno si è registrato un livello record di profitti legati all’investimento in questi strumenti finanziari. Nella classifica, stilata da questa organizzazione, spiccano i profitti realizzati dagli investitori statunitensi, che hanno sfiorato i 47 miliardi di dollari USA. Seguono a considerevole distanza i risultati profittevoli di investitori di altri Paesi, come la Gran Bretagna (oltre 8,1miliardi di USdollari), la Germania (poco più di 5,8 miliardi), la Cina (circa 5miliardi) e la Russia (quasi 4,3). L’Italia è fuori dalla top ten di questa classifica, registrando un livello di profitti pari a circa 2,6 miliardi.

Quali le cause di queste evidenze statistiche? Certamente, la notevole diffusione delle criptoattività nei Paesi maggiormente industrializzati; diffusione, favorita dallo sviluppo numerico e operativo delle piattaforme digitali decentralizzate e dalla positiva accoglienza loro riservata dal pubblico degli investitori.

Inoltre, vi è una seconda ragione di questa performance che sta acquisendo un peso crescente ed è legata alla maggiore presenza dei cosiddetti Paesi emergenti; in essi, infatti, lo sviluppo delle criptoattività è stato positivamente condizionato dalle cospicue rimesse degli emigrati. In precedenza, per tali operazioni venivano utilizzati gli intermediari tradizionali, ma, successivamente, per effettuare le proprie rimesse verso i rispettivi Paesi d’origine si è fatto ricorso in modo crescente alle criptoattività, offerte da altri intermediari che applicano alle transazioni oneri commissionali assai più contenuti.

Si confermerà, anche nel 2022, la tendenza alla crescita dei criptoprofitti? In realtà, sembra difficile pronosticare la continuazione di questa tendenza per una serie di ragioni concorrenti. La Cina, come si ricorderà, ha bandito un anno fa le criptoattività e il risultato dello scorso anno è, dunque, l’esito di un’onda lunga di investimenti pregressi rispetto al divieto. Anche la Russia dal canto suo, con il conflitto che la vede attualmente impegnata e le connesse criticità economiche, è altrettanto difficile che possa ripetere il risultato del 2021. Infine, non è da sottovalutare l’impatto psicologico oltreché operativo, esercitato dall’entrata in vigore da legislazioni più rigorose in tema di controlli e di trasparenza dei mercati delle criptoattività.

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