INGV, fibra ottica sull’Etna. La nuova frontiera del monitoraggio vulcanico

Un cavo in fibra ottica interrato nell’area sommitale dell’Etna misurerà le variazioni di deformazioni associate all’attività sismica e vulcanica. Lo farà tramite un sofisticato dispositivo DAS ovvero di rilevamento acustico distribuito. 

Si tratta del frutto di uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e del Deutsches GeoForschungsZentrum – GFZ – di Potsdam (Germania). Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista Nature Communications. 

Rilevamento acustico distribuito e fibra ottica

Come funziona? Tramite la tecnologia DAS, i cavi in fibra ottica sono in grado di registrare i terremoti. La tecnica si basa su un principio di misura che prevede l’invio di un impulso di luce in una fibra e sulla rilevazione del segnale retro-diffuso dalle imperfezioni della stessa. Proprio l’analisi del segnale fornisce informazioni sulle deformazioni che il cavo subisce in ogni suo punto. 

Il cavo è in grado di registrare deformazioni associate all’attività dell’Etna come esplosioni, degassamento dei crateri sommitali, terremoti locali, ma anche fenomeni atmosferici come grandine e fulmini. “Nel lavoro appena pubblicato – spiega Gilda Currenti, Ricercatrice dell’Osservatorio Etneo dell’INGV – abbiamo dimostrato l’elevata sensibilità e accuratezza dei dispositivi DAS nel misurare segnali sismo-vulcanici e il contributo che questa tecnologia può fornire nell’avanzamento della comprensione dei processi vulcanici”. 

Le dettagliate e abbondanti osservazioni, impossibili con altre tecniche di misura, permettono di rilevare e caratterizzare le esplosioni vulcaniche, la propagazione delle onde acustiche generate e la loro interazione non-lineare con il suolo. Dall’analisi e dalla modellazione dei segnali è stato possibile identificare strutture vulcano-tettoniche nascoste, nonché identificare e caratterizzare eventi vulcanici con elevata accuratezza. La risoluzione spaziale offerta dalle misure DAS ha permesso di estrarre e amplificare segnali molto deboli, ma importanti, che sarebbero altrimenti fuori portata per l’analisi quantitativa”, spiega Benjamin Schwarz, Coautore della ricerca e ricercatore del GFZ. 

Installazioni in luoghi sicuri e di facile gestione

Grazie alla capacità di interrogare cavi anche a lunghe distanze, fino decine di chilometri, i dispositivi DAS possono essere installati in luoghi sicuri e lontani dai crateri attivi. La fibra si trasforma in una serie di sensori distribuiti più facili da gestire rispetto a sensori tradizionali che richiedono alimentazione e sistemi di trasmissione dati nel sito di installazione. L’installazione e l’utilizzo di cavi in fibra ottica che attraversano i fianchi dei vulcani dalle aree sommitali, fino ai villaggi abitati, fornirebbe una opportunità unica per approfondire la conoscenza della risposta dell’edificio vulcanico ai processi magmatici al fine di comprenderne le origini“, osserva Philippe Jousset. 

Possibili applicazioni anche su reti sottomarine

“Questo studio dimostra che il DAS può essere usato per monitorare l’attività vulcanica e riteniamo che questa tecnica potrebbe diventare a breve uno standard per il monitoraggio”, prosegue Gilda Currenti. “L’applicazione del DAS su reti sottomarine di cavi in fibra ottica, oggigiorno ampiamente utilizzate per la trasmissione dati, potrebbe, inoltre, fornire migliaia di sensori per studiare sistemi magmatici sottomarini, altrimenti inaccessibili“, conclude Lotte Krawczyk, Direttore del programma POF (Program-Oriented Funding) presso l’Helmholtz Association.

 

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