Intelligenza artificiale: anche l’Unione Europea scende in campo

L’innovazione tecnologica sta giocando il proprio ruolo di fattore cruciale per lo sviluppo economico globale anche in questo scorcio di secolo. Applicazioni tecnologiche sempre più avanzate sono presenti, ormai, massicciamente in tutti i settori dell’attività economica contemporanea, anche nelle forme più avanzate dell’intelligenza artificiale (AI). I leaders indiscussi di questa orientamento ipertecnologico sono gli Stati Uniti e la Cina, che hanno scavato nel corso di questi ultimi anni un solco rispetto agli altri Paesi.

Per tentare di invertire questa tendenza, che pone i Paesi dell’Unione Europea in una situazione di sfavore concorrenziale, la settimana scorsa è, finalmente, scesa in campo la Commissione Europea, presentando un Piano dedicato allo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Il Piano dell’innovazione tecnologica

Nell’analisi che supporta questo Piano colpiscono, da un lato la certificazione del ruolo significativo dell’industria robotica europea, sia per robot industriali che per servizi alla persona, con un peso complessivo del 25% a livello mondiale. Dall’altro l’ancora limitata diffusione delle applicazioni di AI tra le imprese dell’Unione Europea con almeno 10 dipendenti  (solo il 7%).

L’analisi condotta dalla Commissione si basa su un approccio all’A.I., valutata secondo una scala di rischiosità, che va da un massimo di “inaccettabile” (nel caso di un suo uso che mette in pericolo la sicurezza e la vita delle persone) al livello più basso di rischio minimo. Una scala di rischiosità, dunque, che tiene conto degli standards etici, ormai, riconosciuti e accettati in sede UE e che rende sicuramente problematica la diffusine incontrollata di certe applicazioni, come nel caso dell’identificazione biometrica.

Si tratta, in definitiva, di un progetto strategico messo in campo dalla Commissione con un dispiegamento di risorse economiche considerevoli  (è previsto lo stanziamento annuale di un miliardo di euro) e con l’obiettivo ambizioso di attrare nel perimetro dell’UE investimenti in A.I. per più di 20 miliardi di euro all’anno per i prossimi 10 anni.

Se le grandezze economiche implicate in questo Piano sono sicuramente considerevoli e potranno trovare adeguata alimentazione nella prossima attivazione dei piani di Recovery dei singoli Paesi UE, forse, è ancor più significativo il suo aspetto di progresso civile, intendendosi riaffermare, anche in questa occasione, i principi etici di rispetto dei diritti individuali, non sempre posti al centro dell’attenzione in altri contesti nazionali.

Una ragione in più per augurarsi che questo ambizioso Piano di sviluppo dell’A.I. abbia un reale successo, contribuendo validamente al rilancio dell’UE sullo scacchiere geopolitico degli anni ’20 di questo secolo.

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