La giornata parlamentare del 6 Novembre 2020

Tregua al vertice dei leader. Conte: patto fino a 2023

Rigore e trasparenza: la formula con cui il Premier Giuseppe Conte respinge l’ultimo assalto delle Regioni si racchiude in queste due parole. Rigore e trasparenza da parte delle Regioni ma anche da parte del Governo nel monitoraggio e nella comunicazione dei dati perché nessuno dubiti che le scelte sulle chiusure regionali non siano basate su elementi “scientifici e oggettivi”. E a nulla vale che, a guidare la rivolta di sindaci e governatori del centrodestra, sia Matteo Salvini: il Premier tira dritto e, anzi, riceve anche i 4 leader dei partiti di maggioranza per puntellare il Governo in vista della seconda, delicata, traversata nell’emergenza Covid. Il vertice tra Conte, Vito Crimi, Nicola Zingaretti, Matteo Renzi e Roberto Speranza dura circa due ore; il capo del Governo riceve i leader nell’appartamento del presidente del Consiglio, per dare anche un tocco d’informalità all’incontro. In realtà è la prima volta che i quattro si vedono da quando esiste il Conte II. E non sarà l’ultima: il tagliando al programma di 29 punti verrà ultimato entro novembre, spiega Conte istituendo due tavoli ad hoc per aggiornare l’agenda, uno sulle riforme istituzionali e l’altro sugli obiettivi di politica economica. “È emersa la comune determinazione ad affrontare il momento di difficoltà che sta attraversando il Paese con grande senso di responsabilità rimanendo uniti e scacciando via qualsiasi possibile motivo di polemica o contrapposizione”, sottolinea il capo dell’esecutivo ribadendo un concetto che, fuori Palazzo Chigi, sottolineano sia Zingaretti sia Crimi: quello di un “patto di legislatura” che permetta di governare fino al 2023.

Il vertice si poneva due obiettivi: il tagliando al programma e la blindatura della maggioranza in vista di voti cruciali in Aula e di eventuali, nuove proteste delle categorie. Quest’ultimo non si realizza al 100%: se Zingaretti e Crimi decidono di parlare in prima persona ai cronisti Renzi preferisce uscire dal retro, non senza aver salutato i funzionari di Palazzo Chigi, dove torna per la prima volta da ex premier. Il leader di Iv sul patto al 2023 non ci mette la faccia e in una nota spiega che, entro fine mese, “si capirà se ce ne sono i presupposti”. Sottolinea la sintonia con il Pd, plaude al gesto di Conte di dire sì al tavolo ma non nomina neanche il M5S e conclude: “Se son rose fioriranno”. Certo, è difficile che in piena emergenza Covid Iv torni alle spinte centrifughe di qualche settimana fa. Ma la tregua ha un timing, ed è quello che di fatto coincide con la fine del Dpcm. Da qui ad allora molto potrebbe cambiare, a cominciare dalla leadership e dalla struttura del Movimento post-Stati Generali. A Conte, per ora, sta bene così, così come aver rinviato il nodo rimpasto, che sarà affrontato, eventualmente, solo quando la curva tornerà a calare. Ma questo, come spiega lo stesso Conte, è il tempo di affrontare la sfida del virus. I nodi non mancano, a cominciare dal decreto ristori: il Governo proverà a dare il via libera al provvedimento già oggi ma il testo è complesso anche perché, se nelle prossime ore i dati aggiornati determineranno nuove Regioni rosse o arancioni, cambierà anche la platea dei destinatari. Nelle ultime ore, poi, è serpeggiata un’idea: approvare il decreto ristori bis per trasformarlo in un maxiemendamento al decreto ristori precedente.

Salvini prova a catalizzare il malcontento delle regioni sul Dpcm

Le proteste dei governatori, a cominciare da quelli del centrodestra, erano attese a Palazzo Chigi. Meno attesa, forse, era la trincea che sin dalla mattinata ha innalzato Matteo Salvini: il leader della Lega, polverizzando quei segnali di dialogo con le opposizioni salutati da Giuseppe Conte, torna ad attaccare a testa bassa l’esecutivo, tentando di farsi portavoce, tra l’altro, di tutte quelle categorie che il Dpcm andrà a danneggiare. Ed è su questo ultimo punto che, in queste ore, si sta concentrando il capo del Governo. Il premier, in tv, non ha voluto mascherare le difficoltà che vivrà l’Italia, anche il suo riferimento ai cenoni e ai veglioni di fine anno va in questa direzione. “Proporzionalità e adeguatezza” sono i binari sui quali si muove Conte nelle misure anti-Covid. L’obiettivo resta quello di un “Natale più sereno” ma, certo, non potrà essere come tutti gli altri. Le riaperture pre-natalizie, vitali per ristoranti, bar e attività commerciali, dipenderanno dagli effetti delle misure e da quando la curva della seconda ondata raggiungerà il suo picco. Anche per questo il premier, che ha a lungo resistito al lockdown, alla fine ha optato per le chiusure a fisarmonica, nelle quali, si sottolinea a Palazzo Chigi, l’elemento politico è inesistente. Lo Stesso ministro della Salute Roberto Speranza lo spiegherà oggi alla 11.30 alla Camera quando terrà un’informativa urgente sui dati e sui criteri seguiti per la collocazione delle Regioni italiane nelle aree rossa, arancione e gialla.

Ue, la ripresa economica si è interrotta. Il Pil italiano 2020 si attesterà al -9,9%

La Commissione europea ha dovuto tagliare le stime di crescita per l’anno prossimo a causa dell’incertezza schizzata ai livelli record di marzo di fronte alle nuove misure di contenimento che torneranno a colpire anche l’economia. Per tutta l’Unione significa rinviare a dopo il 2022 il ritorno alla normalità pre-Covid e prepararsi ad altri mesi di rischi elevatissimi. L’Italia, che ha avuto un rimbalzo nel terzo trimestre più forte del previsto, attenua la perdita nel 2020 ma modera anche la ripresa nel 2021. “L’Italia si sta riprendendo da un profondo calo della produzione, ma la pandemia e le sue ripercussioni negative persistono e pesano sull’attività economica, in particolare sui servizi. È improbabile che la ripresa sia sufficiente a far tornare la produzione ai livelli pre-pandemici entro il 2022”, scrive Bruxelles nelle sue stime che però migliorano le prospettive per l’anno in corso. Il calo del Pil si fermerà infatti al -9,9% invece del -11,2% previsto a luglio: è il secondo peggiore d’Europa, davanti c’è la Spagna (-12,4%). Frena però la ripresa del 2021: la crescita salirà al 4,1% invece del 6,1%. Le ripercussioni della nuova ondata si sentiranno soprattutto sul mercato del lavoro: se “gli schemi d’integrazione salariale (Cassa integrazione guadagni) e il divieto di licenziamenti fino all’anno prossimo” sono riusciti a prevenire “l’ampia perdita di occupazione nel 2020” scaricando il peso soprattutto sui lavoratori temporanei, “è improbabile che i lavoratori a tempo indeterminato restino illesi una volta che le misure di emergenza finiranno”. Il tasso di disoccupazione salirà quindi all’11,6% l’anno prossimo, “con la maggioranza dei posti persi nel settore servizi”. I conti pubblici invece non preoccupano, nonostante il debito arrivi a sfiorare il 160% e il deficit raggiunga le due cifre (-10,8%) per quest’anno.

Ma dall’anno prossimo inizieranno a calare, sottolinea la Ue, e il Commissario Paolo Gentiloni assicura che non ci sono rischi per la sostenibilità ma solo la necessità che il debito inizi a calare dall’anno prossimo. Ma comunque non c’è fretta sull’aggiustamento dei conti, perché il Patto di stabilità resterà sospeso. Gentiloni parla di “ripresa interrotta” a causa della “recrudescenza della pandemia” che ha reso necessarie “nuove misure di contenimento”: il rimbalzo “è stato interrotto, la crescita è destinata a fermarsi nel quarto trimestre, e riprenderà a salire a partire dal primo trimestre del 2021”. Significa tenersi pronti a tutto, anche a eventuali nuove mosse europee qualora la situazione dovesse precipitare, perché nessuno sa quanto durerà questa seconda ondata. Per ora l’importante è attuare le decisioni già prese, come il Recovery fund, che se approvato entro l’anno consentirà di far arrivare i primi fondi (il 10% di tutta la spettanza) già nella tarda primavera, assicura il Commissario italiano. E proprio ieri la trattativa sul Recovery ha fatto un importante passo in avanti: Parlamento Ue e Consiglio hanno trovato un accordo sul cosiddetto meccanismo di condizionalità per lo stato di diritto, cioè su quella procedura che bloccherà i fondi Ue per chi non rispetta le regole democratiche e i valori fondamentali dell’Unione. L’accordo deve ora essere approvato dalle singole istituzioni. Nel frattempo resta ancora aperta la partita sull’aumento delle poste dei singoli programmi del nuovo bilancio Ue richiesto dagli eurodeputati; lunedì un nuovo round di trattative.

Il Comitato Iniziative 5 Stelle si scioglie e da 140mila euro agli Stati Generali

Il Comitato Iniziative 5 Stelle va in liquidazione. La notizia era nell’aria già da tempo, ma ora è ufficiale. L’organismo composto dal presidente Pietro Dettori, dal tesoriere Stefano Torre e dalla consigliera Enrica Sabatini, chiude i battenti ma lascia in dote al Movimento un tesoretto di 140mila euro che sono stati devoluti al Comitato organizzatore degli Stati Generali. Ossigeno puro per le casse pentastellate, anche se sulle chat di alcuni portavoce sono già partiti i primi commenti negativi dopo aver appreso che il patrimonio residuo ammonta a 190mila euro. La domanda che si pongono è facile da intuire: “E gli altri 50mila?”. Di sicuro, si troverà traccia dei fondi spesi per l’appuntamento congressuale dei Cinquestelle nel rendiconto che verrà pubblicato a fine manifestazione; così assicura Roberta Lombardi, incaricata dal capo politico Vito Crimi di organizzare l’evento che stabilirà la linea politica e la governance pentastellata dei prossimi anni. “La cifra trasferita dal Comitato Iniziative 5 Stelle per l’organizzazione degli Stati generali servirà a coprire le spese che stiamo sostenendo”, fa sapere infatti la capogruppo in Consiglio regionale del Lazio. Annunciando una importante novità, molto attesa tra gli attivisti: “Le eccedenze saranno destinate a comitati o associazioni aventi lo scopo di promuovere sul territorio l’attività del M5S”.

Ma questa non è l’unica novità nel mondo 5 Stelle: il nuovo Statuto del gruppo parlamentare della Camera è stato approvato a larga maggioranza: 176 sì su 196 votanti, l’89,8% degli aventi diritto (16 i contrari, 4 le schede bianche e 2 nulle). Non era un risultato scontato, soprattutto per i malumori che le modifiche proposte avevano suscitato in alcuni settori. La svolta è di quelle pesanti per i Cinquestelle, visto che d’ora in poi non saranno più gli iscritti a deliberare, in ultima istanza, gli indirizzi politici del Movimento 5 Stelle; non solo, dallo Statuto sparisce ogni riferimento alla piattaforma Rousseau: “Il gruppo individua come strumenti ufficiali per la divulgazione delle informazioni i canali del Movimento 5 Stelle e altri che riterrà di adottare con propria delibera assembleare a maggioranza assoluta”. Inoltre, i morosi saranno passibili di sanzione e i provvedimento disciplinare e le votazioni interne avranno sì “luogo per scrutinio palese”, ma con la possibilità di ricorrere al “voto segreto” se riguarda “una persona o fatti personali”. Il countdown verso un nuovo corso del M5S, dunque, è quasi completato.

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