Comincia ad assumere i tratti di una storia a lieto fino, quella della Nazionale di Calcio Femminile afghana. Le giocatrici, insieme alle loro famiglie , sono arrivate ieri sera al confine di Torkham, in Pakistan. Qui sono state accolte da un funzionario della Federcalcio del Paese. A muoversi, in totale, sono state 115 persone.
Il Ministro Federale pakistano per l’informazione, Fawad Chaudhry, ha dato il benvenuto alla squadra di calcio femminile dell’Afghanistan. Ha tenuto a precisare che “le giocatrici erano in possesso di passaporti afghani validi“.
“Ci cercano per ucciderci“: subito avevano lanciato il loro SOS
All’indomani del caos di mezzo agosto che ha portato, territorio dopo territorio, provincia dopo provincia, i talebani al potere, le ragazze avevano annunciato la paura di essere rintracciate e uccise. “Ci cercano per ucciderci, i talebani sanno chi siamo” avevano lanciato l’appello disperato alla comunità internazionale. Da allora è partita la macchina sportiva e delle federazioni che a distanza di un mese scarso ha aperto la via della salvezza.
Si era fatta portavoce delle loro istanze, l’ex capitano Khalida Popal, calciatore e regista afgano, fondatrice e direttrice della Girl Power Organization. Intervistata dalla Associate Press aveva raccontato quanto stesse facendo all’indomani della caduta dell’Afghanistan nelle grinfie dei talebani. “Ho incoraggiato a rimuovere i profili dai social, a rimuovere le foto, a scappare e a nascondersi”. Poi, fra le lacrime: “Questo mi spezza il cuore, perché in tutti questi anni abbiamo lavorato per aumentare la visibilità delle donne e ora sto dicendo alle mie donne in Afghanistan di stare zitte e scomparire. Le loro vite sono in pericolo”.
Le parole di Popal avevano mostrato tutto il dolore per il fallimento di un sogno, per lo sport e per le donne. “La mia generazione – aveva dichiarato – aveva la speranza di costruire il Paese, mettendo le basi per la prossima generazione di donne e uomini. Ho iniziato con altre giovani donne ad usare il calcio come strumento per dare potere a donne e ragazze. Ci siamo sentite così orgogliose di indossare la maglia della Nazionale, è stata la sensazione più bella di sempre.
Anche Popal è fuggita dal suo Paese. “Con il passare dei mesi – aveva infatti spiegato a AP – però ho ricevuto così tante minacce di morte perché la TV nazionale aveva citato mie dichiarazioni in cui chiamavo i Talebani il nostro nemico. Per questo motivo sono scappata”.