L’assassino di ‘Bob’ Kennedy torna in libertà dopo 52 anni di carcere

Sirhan Bishara Sirhan, l’assassino di Robert F. Kennedy, uscirà dal carcere. Il Parole Board della California, la Commissione per la Libertà Vigilata, gli ha concesso la scarcerazione dopo la condanna di 52 anni fa per aver ucciso l’ex senatore e candidato democratico favorito per la Casa Bianca.

Alla pubblicazione della notizia, in aula, c’era il più giovane dei figli di Robert Kennedy, Douglas, che si è detto favorevole alla decisione. L’uomo, 77 anni, nel 1969 è stato condannato alla camera a gas poi commutata in un ergastolo con la possibilità di sconti di pena. Ha dichiarato che gli anni passati in prigione gli hanno insegnato a controllare la sua rabbia: ora è determinato a vivere in pace, se rilasciato.

Quella notte fra il 5 e il 6 giugno 1968, all’Ambassador Hotel di Los Angeles

Al momento dei fatti, nella notte fra il 5 e 6 giugno del 1968, Robert Francis Kennedy, detto ‘Bob’, già capo del Dipartimento di Giustizia durante la Presidenza del fratello John, sta festeggiando la vittoria delle primarie per il partito democratico in California. Uno stato che ha conquistato insieme al Dakota del Sud.

L’incontro con i sostenitori avviene all’Ambassador Hotel di Los Angeles. Qui Bob Kennedy fa un discorso di saluto poi viene fatto allontanare attraverso un passaggio delle cucine. Sono le 00:15 quando esplodono colpi di pistola contro di lui, sotto gli occhi di reporter e teleoperatori che lo seguono. Kennedy muore al Good Samaritan Hospital all’alba del 6 giugno, all’età di 42 anni.

Ombre sul colpo mortale e teorie di complotto

C’è una celebre autopsia eseguita dal dottor Noguchi, raccontata fra l’altro nel suo libro Il cadavere interrogato, rispose, che alimenta il sospetto sulla morte di Kennedy. Secondo quanto ricostruisce Noguchi, il colpo mortale sarebbe esploso da un membro dello staff di Kennedy. Sirhan Sirhan avrebbe avuto solo il ruolo di specchietto per le allodole: distrarre i presenti mentre il vero assassino agisce.

Oltre all’autopsia di Noguchi, c’è una registrazione audio involontaria di un reporter polacco. Questo nastro rivela 13 colpi sparati. Sono molti per il modesto revolver di Sirhan, un modello economico, inaffidabile e impreciso che, infine, aveva solo 8 colpi. Questa considerazione corrobora l’ipotesi di un complotto ordito alla presenza di un secondo sicario. E ancora, sempre nella registrazione si sentono due colpi sparati a 120 ms di distanza l’uno dall’altro. Si tratta di un intervallo troppo breve per un singolo sparatore e con un revolver come quello di Sirhan per cui il tempo minimo fra un colpo e un altro sarebbe almeno il triplo.

Sirhan però confessa, viene subito arrestato e condannato. È un cittadino giordano di origine palestinese. Motiva il suo gesto come ritorsione per il sostegno di Kennedy a Israele nella guerra dei sei giorni, iniziata un anno e un giorno prima dell’attentato. Viene condannato alla camera a gas, poi commutata.

 

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