Il giornalista Michele Santoro ha scritto a a Sergio Mattarella in merito all’inchiesta della Procura di Caltanissetta sul collaboratore di giustizia Maurizio Avola, che è stato accusato di calunnia aggravata. Nella lettera, si legge: “Caro presidente, spero che non trovi inopportuna questa mia lettera; sono costretto a rivolgermi a Lei per denunciare una grave ferita inferta non soltanto alla mia persona e a quella di altri in contatto con me ma a principi costituzionali fondamentali come la libertà di opinione, di movimento e il diritto alla difesa di ciascun cittadino. Ciò avviene nell’indifferenza generale delle istituzioni di controllo, delle maggiori fonti di informazione, della Federazione della Stampa e dell’Ordine dei Giornalisti e, di conseguenza, dell’opinione pubblica”.
“Lo scorso 9 luglio ho dovuto apprendere dal quotidiano ‘La Sicilia’ la notizia del deposito da parte dei Pubblici Ministeri di Caltanissetta della richiesta di archiviazione nei confronti del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, di Aldo Ercolano, vice di Nitto Santapaola a capo del clan catanese appartenente a Cosa Nostra, e di altri mafiosi di livello dello stesso clan, iscritti per il reato di strage per gli eccidi del 1992 di Capaci e via d’Amelio – scrive Santoro – L’indagine era stata aperta a seguito delle clamorose dichiarazioni di Avola, protagonista del libro da me scritto con Guido Ruotolo ‘Nient’altro che la Verità’, con le quali il collaboratore di giustizia raccontava la sua vita e per la prima volta descriveva la composizione del commando e le esatte modalità di esecuzione dell’attentato in cui hanno perso la vita Borsellino e la sua scorta. Secondo il quotidiano catanese non solo i pm ritenevano priva di riscontri attendibili l’inedita narrazione della strage ma avevano acquisito prove inoppugnabili della sua falsità. Perciò la Procura, considerando dimostrata la malafede di Avola, ipotizzava il reato di calunnia nei riguardi dei mafiosi del gruppo Santapaola”.