Paolo Portoghesi

Paolo Portoghesi: addio al grande Maestro dell’architettura e non solo

Se ne va uno degli uomini simbolo del nostro Paese: Paolo Portoghesi. È morto questa mattina nella sua casa di Calcata, vicino Roma, dove viveva da tempo, all’età di 92 anni.

Nel 1961 si era iscritto al Partito socialista italiano, in cui militò fino al suo scioglimento nel 1994. Durante la segreteria di Bettino Craxi, cui fu molto vicino, fece anche parte dell’Assemblea nazionale del Psi.
 
Da molti anni, insieme alla moglie Giovanna Massobrio, anche lei architetto, viveva nel borgo medievale di Calcata, alle porte della capitale, in una grande casa con un giardino pieno di animali e abbellito da piante secolari dove aveva trovato posto anche la sua biblioteca e dove ha ospitato spesso anche gli studenti di Geoarchitettura, il corso che ha tenuto per anni alla Sapienza.
 
Nel 1979 viene eletto direttore della Biennale di Venezia. Nello stesso anno dà incarico ad Aldo Rossi di costruire il Teatro del Mondo su un natante ormeggiato nel bacino di San Marco, che veleggerà poi fino a Ragusa. Nel 1980 la Biennale da lui diretta vede protagonista l’installazione Strada Novissima in cui venti architetti di fama internazionale, tra cui Frank Gehry, Rem Koolhaas, Charles Moore, Hans Hollein e Franco Purini, furono chiamati a disegnare venti facciate contigue, ognuna di 7 metri di larghezza, con un’altezza che poteva variare da un minimo di 7,20 metri ad un massimo di 9,50 metri.
 
L’evento ebbe molto clamore mediatico e divenne il manifesto italiano dell’Architettura postmoderna, di cui Paolo Portoghesi resterà il principale e più famoso sostenitore in Italia per tutti gli anni ottanta. L’elenco dei suoi capolavori è lungo: dalla Casa Baldi del 1959 alla moschea di Roma, oggi forse la sua opera più nota, passando per i complessi residenziali dell’Enel di Tarquinia, l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, il teatro di Catanzaro. Suo anche il restauro della piazza del Teatro alla Scala di Milano, mentre fra i lavori per l’estero ci sono residenze a Berlino, giardini aMontpellier, alberghi, fast food a Mosca e la moschea di Strasburgo.

Negli ultimi anni della sua attività, abbandonata ormai la corrente postmoderna, Portoghesi concentra la sua attenzione su quella che, citando Le Corbusier, chiama geoarchitettura. In linea con la teoria della decrescita di Serge Latouche, Paolo Portoghesi definisce la geoarchitettura come un’architettura “umanistica” che rispetta sette criteri fondamentali: imparare dalla natura, confrontarsi con il luogo, imparare dalla storia, impegnarsi nell’innovazione, attingere alla coralità, tutelare gli equilibri naturali e contribuire alla riduzione dei consumi.

Nel 2016 ha donato tutto il suo archivio al Maxxi di Roma.

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