Era il 13 marzo 2013 quando Jorge Mario Bergoglio viene eletto 266esimo Papa della Chiesa cattolica e Vescovo di Roma, 8vo sovrano dello Stato della Città del Vaticano, primate d’Italia e Patriarca della Chiesa latina con il nome di Papa Francesco in onore di San Francesco d’Assisi. È il primo gesuita a diventare Papa e il primo pontefice proveniente dal continente americano nonché il primo extraeuropeo dai tempi di Gregorio III. La sua elezione arriva al quinto scrutinio dopo appena 24 ore dal Conclave.
Alcuni giorni dopo la sua elezione volle spiegare del perché la scelta del nome cadde su Francesco: “Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il clero, il cardinale Cláudio Hummes. Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: «Non dimenticarti dei poveri!». E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri.
Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? È l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero… Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!“.
In un messaggio di auguri al Papa, la Presidenza della Conferenza episcopale italiana ricorda che “sono passati dieci anni da quel ‘buonasera’ con cui si presentò alla Chiesa e al mondo intero; da allora le sue parole e i suoi gesti hanno continuato a toccare il cuore, a sorprendere, a parlare a tutti e a ciascuno. Quel saluto è stato l’inizio di un dialogo: in questo tempo, ci ha aiutato a capire quanto il Vangelo sia attraente, persuasivo, capace di rispondere ai tanti interrogativi della storia e ad ascoltare le domande che affiorano nelle pieghe dell’esistenza umana. Ci ha insegnato a uscire, a stare in mezzo alla strada e soprattutto ad andare nelle periferie, per capire chi siamo.
Possiamo conoscere davvero noi stessi solo guardando dall’esterno, da quelle prime periferie che sono i poveri: lei ci ha spinto a incontrarli, a vederli, a toccarli, a fare di loro i nostri fratelli più piccoli. Perché, come ci ha ricordato più volte, la nostra non è una fede da laboratorio, ma un cammino, nella storia, da compiere insieme. Vogliamo esprimerle – concludono i vertici della Cei – la nostra gratitudine per aver accolto l’eredità di Benedetto XVI e per averci accompagnato, a partire dall’Anno della fede, incoraggiandoci a vivere da cristiani nelle tante contraddizioni, sfide e pandemie di questo mondo. Con l’impegno a ‘tracciare insieme sentieri di pace’, perché ‘solo la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali“.
In questi dieci anni Papa Francesco è stato anche fautore di tanti cambiamenti: primo fra tutti il luogo dove vivere. Il Pontefice ha scelto la foresteria di Casa Santa Marta, invece che negli appartamenti papali del Palazzo Apostolico. Ha portato la sua valigia, ha preso l’autobus e ha usato una piccola macchina.
Nel 2018 ha imposto a Theodore Edgar McCarrick, arcivescovo di 88 anni di rinunciare al cardinalato perché riconosciuto colpevole di atti di pedofilia o l’arresto in Vaticano, nel 2014, dell’ex nunzio nella Repubblica Dominicana, il polacco Jozef Wesolowski sempre per pedofilia. È anche vero che nel 2014 ha restituito lo stato sacerdotale a padre Mauro Inzoli, riconosciuto colpevole per pedofilia nel 2012 e spogliato dell’abito da Benedetto XVI.
Papa Francesco ha spesso denunciato il carattere maschilista della Chiesa e della società ma la disparità tra uomo e donna all’interno della Chiesa è ancora evidente e nessun cambiamento, a tal proposito, è stato introdotto. A lui si deve il nuovo percorso intrapreso dalla Banca Vaticana e dallo IOR. Ha avuto una leggera apertura verso la comunità LGBTQ+. Ed è delle ultime ore il suo pensiero in merito alla possibilità dell’abbandono del celibato per i preti. In un’intervista rilasciata a “Infobae“, sito argentino, il Papa ha dichiarato: “È una prescrizione temporanea… non è eterna come l’ordinazione sacerdotale… Il celibato, invece, è una disciplina“. “Quindi potrebbe essere rivisto?“, chiede l’intervistatore Daniel Hadad. “Sì“, replica il Papa.
Dichiarando anche che “a volte il celibato può portarti al maschilismo. A un prete che non sa lavorare con le donne manca qualcosa, non è maturo. Il Vaticano era molto maschilista, ma fa parte della cultura, non è colpa di nessuno. Si è sempre fatto così“