Povertà e Covid: intervista al Presidente della Caritas Italiana

Quello che ha fatto il Covid alla nostra vita ha un aspetto tangibile e uno sommerso. Siamo stati inondati di bollettini, regole e aggiornamenti costanti, mentre il virus stava cambiando per sempre anche la nostra società, dentro ognuna delle nostre case. Tutti abbiamo perso: qualcuno, ma anche qualcosa. E pensiamo all’emergenza occupazionale o a quella abitativa derivate da quella sanitaria. Le strade si sono riempite di storie che restano spesso, purtroppo, “invisibili”. Abbiamo cercato di capirne di più con il Direttore di Caritas Italia, don Francesco Soddu.

Il Coronavirus fra le prime e più tragiche cose ci ha insegnato a contare e in ordini sempre più preoccupanti. Mentre scrivo questa intervista il totale dei decessi per Covid sfiora le 126mila unità in Italia. Questi numeri arrivano anche nella nostra distrazione, ma quando ci fermiamo ci servono – e molto – per dimensionare quello che ci sta accadendo. Don Francesco, quali sono i numeri della Caritas, in merito alle vostre attività, a chi opera e a chi accogliete tutti i giorni?

Nel Rapporto povertà di Caritas Italiana dello scorso ottobre, confrontando il periodo maggio-settembre 2019 con lo stesso del 2020, si evidenzia un incremento vistoso dei “nuovi poveri”, dal 31% al 45%. Oggi quasi una persona su due si rivolge alla Caritas per la prima volta. Aumentano famiglie con minori, donne, giovani, nuclei di italiani, in maggioranza (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno), e persone in età lavorativa. Una nuova rilevazione nazionale condotta da Caritas italiana (chiusa a febbraio 2021) testimonia numeri davvero impressionanti relativi all’intero anno 2020: nei dodici mesi quasi 2 milioni di persone supportate, in varie modalità, dai servizi promossi dalle Caritas diocesane e parrocchiali.

Quasi due milioni di persone supportate nel 2020

Quanto rilevato dagli osservatori Caritas è di fatto in linea con le recenti stime preliminari ISTAT sulla povertà assoluta, pubblicate lo scorso 4 marzo: nel 2020 si contano oltre 2 milioni di famiglie povere, con un incremento di 335.000 unità rispetto al 2019, per un totale di 5,6 milioni di persone, vale a dire oltre un milione di persone in più rispetto all’anno precedente. La spesa delle famiglie si è ridotta del 9,1% rispetto al 2019. Non riescono a far fronte a bisogni essenziali e proprio da loro dobbiamo ripartire, a cominciare dall’approntamento di efficaci forme di accompagnamento alla fruizione degli strumenti di contrasto della povertà già esistenti. È una questione di diritti, di giustizia e di dignità, non di carità.

In che modo il Covid ha mutato la presenza e l’azione della Caritas sul territorio nazionale e non solo?

Fin dai primi giorni dell’emergenza Covid-19, Caritas ha intensificato il contatto e il coordinamento di tutte le 218 sedi diocesane in Italia, svolgendo un ruolo di collegamento, informazione, animazione e consulenza. La rete Caritas può contare su circa 7.000 servizi promossi e gestiti dalle Caritas diocesane e parrocchiali, 284 mense e più di 4.100 centri d’ascolto. Nei quasi 2.800 centri di distribuzione vengono erogati beni e servizi materiali. Grazie proprio a questo radicamento sul territorio Caritas Italiana è stato punto di riferimento per i più poveri, mantenendo la regia di quella cultura della prossimità e della solidarietà che da sempre promuove.

È intervenuta a sostegno delle Caritas locali con 3 modalità distinte di sostegno: quello immediato a tutte le Caritas diocesane per far fronte alle attività emergenziali; quello ad iniziative progettuali delle 33 Caritas presenti nelle zone maggiormente colpite dalla pandemia; l’ulteriore rafforzamento delle attività di tutte le Caritas diocesane in relazione ad interventi progettuali di sostegno alle persone ed alle famiglie colpite dagli effetti economici della pandemia, con particolare riferimento alla casa e lavoro.

3.000 famiglie supportate per DAD e smart working

In questo tempo 92.000 famiglie in difficoltà hanno avuto accesso a fondi diocesani, oltre 3.000 famiglie hanno usufruito di attività di supporto per la didattica a distanza e lo smart working, 2.073 piccoli commercianti/lavoratori autonomi hanno ricevuto un sostegno. Merita di essere sottolineato il potenziamento complessivo di tutti i servizi a livello diocesano. In particolare l’incremento di attività della rete degli Empori della solidarietà e market solidali – sono 159 in tutta Italia quelli gestiti direttamente o cogestiti dalle Caritas diocesana o enti gestori ad esse collegati, o che rientrano nel coordinamento formale promosso dalle stesse – a favore dell’emergenza alimentare, come pure la nascita o il potenziamento in 136 diocesi di “fondi” destinati a venire incontro a chi per la pandemia ha perso il lavoro o non lo può trovare.

Don Francesco Soddu, direttore Caritas italia

Da sottolineare poi tutta la preziosa attività sul fronte dell’accompagnamento e orientamento rispetto alle misure previste dal Decreto “Cura Italia” e “Decreto Rilancio”; sono state azioni molto utili, che hanno permesso a numerose persone e famiglie in difficoltà di poter accedere a tali sostegni pubblici (l’83% delle diocesi ha svolto questa specifica attività). Orientamento e supporto fanno la differenza, in genere, soprattutto in situazioni di emergenza. Ecco perché nella indagine Caritas sulle misure di emergenza, nella metà dei casi (50,1%) i servizi e gli operatori Caritas sono stati identificati come la principale forma di aiuto e sostegno, sia concreto che psicologico durante l’emergenza Covid.

In che modo, invece, il Covid, per la vostra percezione, ha cambiato gli ‘invisibili’ che da sempre bussano alla porta del vostro organismo? Ci sono delle specificità legate ad alcune città? Ci sono storie che meglio di altre sintetizzano cosa sta accadendo a molti italiani?

La situazione è per lo più generalizzata, da Nord a Sud del Paese. Ad esempio, dal recente Report della Caritas diocesana di Catania emerge che i numeri degli interventi dell’Help Center della Stazione Centrale nel corso del primo bimestre del 2021 hanno fatto registrare una crescita del 600% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ad accrescere la numerosità degli interventi, facendo un confronto tra il primo bimestre del 2020 e lo stesso periodo dell’anno in corso, anche la maggiore presenza degli italiani che sono più che decuplicati, arrivando a costituire la metà delle famiglie interessate. Nel corso del periodo gennaio/febbraio dello scorso anno le famiglie italiane rappresentavano appena il 29% del totale, i dati degli ultimi mesi hanno fatto schizzare la quota nazionale fino al 47,5%.

Le famiglie italiane servite dallo scorso anno: dal 29% al 47,5%

Anche le storie sono simili e rispecchiano problemi e preoccupazioni diffusi, sia tra gli operatori che tra le persone che si rivolgono ai centri Caritas: la necessità di rimodulare i servizi, i nuovi poveri, il bisogno di relazione. “Ero ricoverata presso una struttura pubblica per la terapia riabilitativa – racconta una signora di Oria – e sono stata contagiata. […] Tramite una mia amica sono riuscita a contattare il parroco di una parrocchia vicina. Oltre ai viveri ci hanno comprato le medicine e tutto quello di cui avevamo bisogno. Ma la cosa più bella è stato ricevere tutti i giorni una telefonata. Mi chiamavano per sapere se avevo bisogno di qualcosa, ma anche per scambiare con me due parole e ancora adesso mi chiama”.

Da sempre Caritas è sinonimo di solidarietà, anche nell’immaginario comune. Fra le vostre attività, oltre la solidarietà e il primo assistenzialismo, si legge di “microprogetti di sviluppo”. Di cosa si tratta?

I microprogetti, a carattere settoriale e di villaggio, presentano obiettivi limitati ma di effetto immediato, che contribuiscono a trasformare a poco a poco il livello di vita delle persone e delle comunità beneficiarie e a estendere progressivamente il processo di sviluppo nelle zone circostanti. Oltre all’operazione finanziaria, è rilevante il ruolo pedagogico proprio dei microprogetti. La fase del loro finanziamento serve anzitutto a sensibilizzare le comunità italiane riguardo ai problemi di altre popolazioni.

Si tratta di piccoli progetti a carattere sociale (acqua, agricoltura, allevamento, sanità) che nascono dai bisogni di una comunità o un villaggio e rappresenta una possibilità concreta di innescare un processo di autentica promozione dei diritti fondamentali. Dal Nepal all’Uganda, dal Kosovo fino ad arrivare in Iraq, attraverso programmi di istruzione-formazione, artigianato, sviluppo agricolo, trasformazione e prima commercializzazione dei prodotti, i MicroProgetti conducono al libero autosviluppo soprattutto di giovani, disoccupati, ragazze madri, adolescenti a rischio di tratta, ragazzi di strada, vedove e anziani, persone con disabilità, detenuti o ex detenuti.

In Italia, purtroppo, è molto frequente il cambio dell’Esecutivo. In che modo la politica condiziona la vostra attività, ad esempio nel confronto tra il precedente Governo e quello attuale?

Al di là del cambio di esecutivo, la nostra attività è fatta di presenza, rapporto umano, comunione, condivisione della sofferenza. È un immergersi nelle sofferenze e nei problemi di ogni comunità e di ogni persona, difendendone con coraggio i valori, la dignità e i diritti. Nel territorio le cooperazioni, le collaborazioni a favore del bene comune assumono diverse connotazioni e generano alleanze al fine di essere esse stesse, anzitutto, già un buon frutto di bene. Cooperare con efficacia, ossia alleanze non soltanto sulla carta, non protocolli sterili, ma vivificati da azioni concrete. La cooperazione infatti è tanto più efficace quanto più gli intenti comuni sono convergenti, si incontrano ed interagiscono tra di loro. L’azione è necessaria, sempre. Caritas è sempre pronta a mettere a disposizione la sua capacità di elaborazione e di proposta che si offre come termine di paragone non esclusivo, ma significativo all’interno del dibattito pubblico sulla ricerca del bene comune, senza preclusioni e senza pregiudizi politici.

Il messaggio alla politica: non distogliere lo sguardo dai poveri:

Oggi comunque la situazione impone a tutti una ricerca di più vasto respiro in cui ciascuno porti all’appuntamento il meglio della propria esperienza, senza rinuncia ai principi, ma con disponibilità a cercare insieme il massimo bene umano possibile. È a questo livello che esperienza religiosa e ed esperienza politica si intrecciano nel delineare le sintesi operative che la lettura dei segni dei tempi rende necessarie e dunque possibili. Non distogliere lo sguardo dai poveri, non guardare altrove, è il valore che l’esperienza Caritas porta all’appuntamento con l’esperienza politica; e questa può certamente giovarsene.

Il Covid ha cambiato l’Organismo, le persone che a voi si rivolgono, ma anche la società nel suo insieme. C’è oggi una emergenza solidarietà? In che modo le persone percepiscono la vostra azione e come partecipano?

Di fronte ai nuovi, crescenti bisogni, il coinvolgimento delle comunità e l’ attivazione solidale sono stati esemplari con un moltiplicarsi di iniziative. In particolare si sono attivati enti pubblici, enti privati, terzo settore, parrocchie, gruppi di volontariato, aziende, singoli. Con tutte queste realtà le Caritas diocesane hanno in questi mesi favorito e incrementato la collaborazione dando vita a una vivacità di iniziative e opere realizzate anche grazie all’azione di circa 62mila volontari, a partire dai giovani impegnati nel Servizio Civile Universale. Sono 19.087 gli over 65 che si sono dovuti fermare per ragioni di sicurezza sanitaria e 5.339 le nuove leve.

Corsi Caritas (Getty Images)

Adesso, il rischio da evitare è che questa emergenza si trasformi in un eterno presente, diventando un alibi per non affrontare con sistematicità alcuni nodi del nostro welfare, del nostro sistema produttivo e del mondo del lavoro. L’unico modo per andare oltre l’emergenza è costruire una visione per il futuro del nostro Paese attorno a cui coagulare le energie e il fermento che abbiamo scoperto annidarsi nelle pieghe del tessuto sociale in questi mesi. Li abbiamo voluti chiamare gli anticorpi della solidarietà, perché sono stati appigli concreti nelle situazioni di emergenza, lasciando intravedere le potenzialità di una cittadinanza attiva e solidale che andrebbero nutrite e valorizzate. Intorno a una strategia per il futuro del nostro Paese occorre far convergere infatti risorse umane prima ancora che economiche e in questo orizzonte stimolare azioni, interventi, progetti, proposte che vadano a favorire “il superamento dell’iniquità” e la promozione di una “nuova economia” più attenta ai principi etici.

Cosa ciascuno di noi potrebbe e dovrebbe fare per accrescere l’attenzione nei confronti degli invisibili intorno a noi?

Soldi, cibo, lavoro sono necessità essenziali di tante persone che bussano alle porte delle parrocchie o dei centri d’ascolto Caritas, ma prima di tutto, come sottolinea Papa Francesco, hanno bisogno “delle nostre mani per essere risollevati, dei nostri cuori per sentire di nuovo il calore dell’affetto, della nostra presenza per superare la solitudine”. In altre parole hanno bisogno dell’amore di Dio, reso visibile da quanti si fanno loro prossimi. Anche perché spesso sono le ferite invisibili quelle che fanno più male. Ma chi ha occhi d’amore sa vederle dentro il cuore dell’altro.

“Ognuno può fare qualche cosa. Dipende da dove poniamo i confini del mondo”

L’invito dunque è a farsi carico delle persone in difficoltà con un’attenzione piena e in un’ottica di condivisione promozionale, non limitandosi ad azioni sporadiche o solo ad essere un distributore di soldi o beni. Ne va della credibilità del nostro annuncio e della nostra testimonianza di Cristiani e solo così facendo possiamo essere lievito che rigenera l’intera comunità.

In questo anno in cui ricordiamo il 50° di Caritas Italiana mi piace ricordare in proposito quanto diceva Monsignor Giovanni Nervo: “Ognuno può fare qualche cosa. Dipende da dove poniamo i confini del mondo. Possiamo porli in noi stessi. Possiamo porli nel nostro gruppo (famiglia, partito, razza, paese). Possiamo togliere ogni confine: allora ogni uomo è mio fratello”.

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