Rendimenti del Fondi in Europa e in Italia: ancora una volta la velocità è doppia

Ancora una volta i risultati statistici dei rendimenti dei Fondi di Investimento in Europa e in Italia registrano una velocità significativamente differente. Infatti, secondo i dati raccolti dall’Ufficio Studi di Tosetti Value, uno dei principali Multi-Family office in Europa, relativi  alle performance di tutti i prodotti di Fondi regolamentati a livello di Unione Europea e distribuiti in almeno un Paese europeo dalle principali 30 case di investimento, alla fine del primo trimestre di quest’anno il rendimento medio europeo si attestava al 4,3%, contro il 2% realizzato dai gestori italiani.

Un dato, purtroppo, non sorprendente, visto che questi esiti differenziati si stanno, ormai, periodicamente confermando; ma che, proprio per il suo protrarsi nel tempo, richiede una riflessione sulle cause che lo determinano.

C’è, sicuramente, da ricordare una prima giustificazione, legata al differente peso nei portafogli dei gestori  della componente azionaria, più rischiosa ma altrettanto più profittevole; una componente, che in Europa si attesta al 46,5%, mentre in  Italia supera di poco il 19%.

I Fondi di Investimento

Altre ragioni, poi, che possono essere invocate per spiegare il differenziale di rendimenti, sono le maggiori economie di scala realizzate dai gestori europei, la presenza più significativa nel loro bacino di clientela di investitori istituzionali e il loro orientamento verso i fondi passivi, che sono normalmente meno onerosi.

Ma c’ è un fattore che grava pesantemente sulle performance dei gestori italiani e che non può essere tralasciato: i costi. E’ stato, infatti, calcolato che nel nostro Paese l’impatto degli oneri ricorrenti ha inciso anche nel primo trimestre del 2021 per l’1,45% contro il valore medio dello 0,97% in Europa. Allargando, poi, l’orizzonte temporale fino al 2018, va aggiunto che i costi fissi hanno sottratto nel periodo quote significative di rendimento, addirittura nella misura quasi del  7,6%.

La voce costi è, in realtà, un aggregato complesso di elementi che comprende le commissioni di gestione, gli oneri della banca depositaria, i costi di gestione e tutti gli altri costi fissi a favore delle società di gestione; impropriamente questi costi comprendono anche gli oneri di consulenza prestata nei confronti della clientela.

Cosa fare per ovviare a questa situazione? Il rimedio obbligato per il contenimento dei costi sembra quello del loro “unbundling”, ossia del loro spacchettamento e della loro puntuale definizione in modo trasparente, coerentemente con quanto previsto dalla Mifid2. Se sarà percorsa questa via, non potrà che trarne vantaggio il mercato nel suo complesso: da un lato la clientela, invogliata all’acquisto da una maggiore chiarezza nelle condizioni contrattuali e da un possibile miglior rendimento; dall’altro gli stessi gestori, in grado di attrarre flussi più consistenti di risparmio e, quindi, di realizzare volumi più significativi di attività.

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