In questi mesi sono stati versati i primi aiuti alle famiglie delle vittime di Rigopiano. Ne aveva dato l‘annuncio Matteo Salvini, allora Ministro degli Interni, nel gennaio del 2019 e, in poco meno di due anni, i primi contributi ai parenti delle 29 vittime del resort di Farindola. Era il 18 gennaio 2017, quando una valanga staccatasi dalla montagna travolse l’hotel e uccise 29 persone.
Il processo
Al momento per ogni vittima è stata stabilita una cifra intorno ai 200 mila euro. Non sono ancora stati stabiliti né i ristori Inail, per i lavoratori morti sul lavoro, né le altre posizioni parentali. La partita dei ristori, e cioè del destino civile della vicenda, segue una strada parallela rispetto al penale.
Il processo riprenderà il prossimo 5 marzo a Pescara, e dopo la deposizione delle trascrizioni del cosiddetto depistaggio, ormai inserito nel fascicolo principale, inizierà la vera parte dibattimentale. Dopo le velenose e archiviate vicende delle denunce dell’ex capo della Mobile Muriana contro i Carabinieri forestali autori delle indagini, finite in una bolla di sapone.
L’invalidità della denuncia ha rafforzato le indagini. Attualmente sono 30 gli elementi registrati nel registro, che coinvolgono sette reati tra cui catastrofe colposa, molteplici colpevoli, omicidio criminale multiplo, falsa ideologia, abuso edilizio e fino all’omissione. Abuso in ufficio e documenti ufficiali. Oltre a questi, si sono aggiunti vari altri reati ambientali.
La fiction su Rigopiano
L’enorme influenza dei media e l’aspetto tragico della storia hanno ispirato ipotesi cinematografiche e documentari ispirati realizzati con materiali reali. Ad esempio quello realizzato da Michele Santoro per il servizio pubblico radiotelevisivo.
“Volevamo girare sulla base del punto di vista di un sopravvissuto, Parete, e con il suo libro come piattaforma. Ma quando ci siamo accorti della delicatezza del procedimento giudiziario in corso ci siamo fermati”, racconta Roberto Sessa, produttore cinematografico. “Avevamo opzionato i diritti del libro, ma non li abbiamo esercitati. Troppa paura in giro, tra gli interlocutori“.