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Tra ABF e ACF primo, importante passo per una maggiore chiarezza sulle rispettive aree di competenza

Il successo e la popolarità degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie in materia finanziaria sono ormai un fatto acclarato e certificato dai rapporti annuali dell’Arbitro Bancario Finanziario, costituito presso la Banca d’Italia e dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie, istituito presso la Consob.

La tutela offerta da questi due Arbitri al consumatore di prodotti bancari e finanziari si è sicuramente giovata di tre elementi essenziali che la contraddistinguono: facilità di accesso alla procedura, tempi di istruttoria e definizione della controversia incomparabilmente più corti rispetto a quelli della giurisdizione ordinaria e costi decisamente irrisori.

Eppure, una delle critiche ricorrenti, da quando l’ABF è stato affiancato nel 2017 dall’ACF, ha riguardato l’esistenza di alcune aree grigie di confine tra le competenze dei due Arbitri, contribuendo a  creare perplessità tra i potenziali ricorrenti con ricadute negative sull’ efficienza della  loro operatività.

La presa di coscienza di questa problematica ha portato nel marzo del 2020 alla stipula di un Protocollo d’intesa tra la Banca d’Italia e la Consob in materia di risoluzione alternativa delle controversie, con la previsione di incontri sistematici tra i due Arbitri per appianare consensualmente eventuali dubbi e criticità interpretative.

Il primo Forum, svoltosi nell’ultima parte dello scorso anno, ha affrontato, alla luce della normativa vigente – Disposizioni della Banca d’Italia del giugno 2009 e Regolamento Consob del maggio 2016 -, il tema dei depositi di titoli in amministrazione, risolvendo tre aspetti inerenti, spesso, oggetto in passato di difficoltà interpretative.

Il primo aspetto riguarda la competenza ad intervenire su questioni legate al trasferimento del conto deposito titoli in amministrazione, quali il ritardo nel trasferimento e la mancata consegna della documentazione inerente le minusvalenza; in questo ambito la competenza va attribuita all’ABF.

Rientra, invece, nel perimetro dell’ ACF la valutazione dei comportamenti dell’intermediario nello svolgimento del sevizio di investimento, quali il mancato rispetto degli obblighi infornativi relativi al portafoglio tritoli e la mancata informativa sulle operazioni di aumento del capitale, sull’esercizio del diritto di opzione e sulla sottoscrizione e collocamento di quote di fondi.

Infine, il terzo aspetto, su cui ABF e ACF hanno raggiunto un’identità di vedute, ha riguardato la possibilità di intervento in materia di interpretazione della normativa fiscale e del regime fiscale applicabile, in particolare in tema di corretta applicazione dell’imposta sui capital gain. Possibilità, che è stata esclusa per entrambi gli Arbitri.

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