I Militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Venezia hanno dato esecuzione ad un provvedimento di confisca, emesso dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Venezia, di beni immobili e disponibilità finanziarie per nove milioni di euro nei confronti di un imprenditore romano coinvolto nell’inchiesta condotta dalle Fiamme Gialle veneziane a contrasto dei fenomeni corruttivi legati alla costruzione del Mo.S.E. (Modulo Sperimentale Elettromeccanico) e delle altre opere di salvaguardia di Venezia e della sua laguna.
Le attività sono conseguenti alla recente pronuncia della Corte di Cassazione con cui, nel sancire l’annullamento per intervenuta prescrizione della sentenza di condanna, comminata nei precedenti gradi di giudizio all’imprenditore (4 anni di reclusione), è stata confermata la confisca di quanto ricevuto dallo stesso quale prezzo delle condotte corruttive commesse in concorso con un politico, nel frattempo deceduto.
I fatti riguardavano l’assegnazione al Consorzio Venezia Nuova dei finanziamenti per la bonifica dei canali di Porto Marghera e la nomina, quale Magistrato alle acque di Venezia, di un presidente asservito al predetto consorzio. Quale contro prestazione della decisione politica, detti lavori furono assegnati dal Consorzio Venezia Nuova ad una Associazione temporanea di imprese costituita tra una società riconducibile al citato imprenditore e altra importante impresa aderente al predetto consorzio. Le indagini hanno dimostrato che la prima, pur non avendo eseguito materialmente alcuna opera, ha partecipato agli utili derivanti dalle commesse quantificati, in sede giudiziaria, in 18 milioni di euro e ascritti, in parti uguali, ai due indagati (l’imprenditore e il politico).
Come chiarito dalla Corte d’Appello, la somma oggetto di confisca attiene al prezzo della corruzione, ossia alla “mercede” ricevuta dall’imprenditore per gli illeciti favori assicurati al Consorzio Venezia Nuova dal politico.
In relazione a quest’ultimo, la predetta Corte ha dichiarato il non doversi procedere in ordine ai reati ascrittigli poiché estinti per morte dell’imputato revocando, altresì, tutte le relative statuizioni civili.
Alla luce del richiamato iter processuale, la Procura Generale presso la locale Corte d’Appello ha delegato il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Venezia ad approfondire il profilo economico-patrimoniale dell’imprenditore al fine di individuare beni e somme di denaro nella sua disponibilità da sottoporre a confisca. In questa prospettiva, i Finanzieri hanno minuziosamente analizzato tutti i negozi giuridici posti in essere dal soggetto negli ultimi trent’anni valorizzando il contenuto delle segnalazioni antiriciclaggio pervenute dagli intermediari finanziari nonché le risultanze investigative raccolte nel corso delle indagini preliminari.
Tale compendio probatorio ha consentito di individuare un consistente patrimonio immobiliare, costituito da 16 unità immobiliari site a Roma e provincia del valore complessivo di oltre 8 milioni di euro, formalmente intestate ad una società diritto lussemburghese il cui titolare effettivo è risultato essere, dalle complessive indagini svolte, l’imprenditore romano.
Oltre ai predetti immobili di pregio (tra cui una prestigiosa unità immobiliare locata a una rappresentanza diplomatica estera e una lussuosa villa sul litorale romano), su ordine della locale Procura Generale sono state oggetto di confisca anche le disponibilità finanziarie giacenti sui conti correnti intestati al soggetto e alla predetta società lussemburghese, nonché pregiati mobili d’epoca (oggetto di specifico atto ricognitivo redatto da notaio che li ha valorizzati in 220.000 euro) di proprietà della società lussemburghese e costituenti l’arredamento dell’abitazione, sempre intestata alla società estera, in uso all’imprenditore.