Viaggiare in treno: emozioni tra pendolarismo ed emergenza pandemica

(di Chiara Lanari) – Mi piace il treno, credo un po’ da sempre, a parte qualche episodio che in giovane età mi aveva fatto intimorire e disamorare, ma in generale mi piace viaggiare, per piacere o per necessità; con persone sconosciute, conosciute, incontrare ed osservare nuove abitudini, scambi di esperienze e di sguardi, così nelle stazioni come a bordo. Sensazione simile la provo solitamente negli aeroporti.

Dopo un anno e mezzo di pendolarismo e un paio di anni di emergenza pandemica posso testimoniare in prima persona tante, tante vicissitudini, belle e brutte, in ogni caso vere, collegate al treno. Con le mascherine è diverso da come me lo ricordavo ai tempi dell’Università: gli sguardi, di adulti e adolescenti, alle volte impauriti, interrogativi, divertiti o introversi si incrociano e si distanziano, si abbassano in maniera più rapida e più intensa … Specialmente la sera tardi, al tramonto, o la mattina, presto, all’aurora, è a quell’ora che cambia tutto: cambiano i viaggiatori, il ritmo, gli odori, i colori, i riflessi.

Nelle stazioni si mescolano rumori, aromi vari, zucchero a velo, cornetti, pane tostato e caffè, per lo più. Ed è al mattino, all’alba, che, al buio, lascio la casa, le mie sicurezze ed abitudini, accendo la macchina, congelata o bollente, trovo i vagoni semi deserti, altre volte affollatissimi, tanto da stare in piedi per qualche tratto. Vedere sorgere il sole che riflette sui binari però, su squarci di paesaggi oramai familiari, attendere il ritmo delle fermate e i riti della partenza e dell’arrivo, cogliere le emozioni ed approfittare per leggere, telefonare, lavorare ed ascoltare musica, così come godere dei colori del tramonto, credo che non abbiano prezzo.
A noi pendolari che ogni giorno ci prepariamo a nuove avventure, prima o dopo aver concluso giornate lavorative, buona giornata.
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