Zaki vive in condizioni disumane e resta ancora in cella

Patrick Zaki è in carcere da un anno e mezzo, esatto. Lo studente egiziano dell’università Alma Mater di Bologna dorme per terra, in un’affollata cella del famigerato carcere di Tora alla periferia del Cairo. Ma nonostante le pressioni dell’opinione pubblica e il monitoraggio processuale europeo a trazione italiana, le porte della prigione non si aprono.

Alla vigilia della ricorrenza Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, aveva ricordato che “Patrick Zaki sta arrivando al diciottesimo mese di detenzione illegale, arbitraria, senza processo e senza possibilità di difendersi” e che la mobilitazione in suo favore continua. E nelle ultime ore gli attivisti che si battono per lui hanno sottolineato che “tra un inverno freddo e un’estate molto calda, Patrick soffre nella sua cella con risorse quasi inesistenti e condizioni di detenzione disumane“.

Il trentenne studente egiziano era stato arrestato in circostanze controverse il 7 febbraio dell’anno scorso e, secondo Amnesty, rischia fino a 25 anni di carcere. La custodia cautelare in Egitto può durare due anni, ma se durante le indagini subentrano nuovi capi d’accusa può essere prolungata ulteriormente, come ha dimostrato lo sciopero della fame iniziato di recente dalla figlia di un predicatore islamico in carcere senza processo da quattro anni.


Dopo una prima fase di cinque mesi di rinnovi quindicinali ritardati dall’emergenza Covid, ora il caso di Patrick è nella condizione dei prolungamenti di 45 giorni e il più recente rinnovo della carcerazione era stato ordinato a metà del mese scorso: probabilmente resterà  in cella anche la seconda metà di agosto.

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