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5 anni fa la tragedia di Rigopiano

Sono trascorsi 5 anni dalla tragedia di Rigopiano. Era il 18 gennaio 2017 quando una valanga di 1.200 tonnellate travolse il resort di Farindola, a Pescara. Morirono 29 persone sotto le macerie.

All’interno dell’hotel Rigopiano in quel momento c’erano 40 persone che erano rimaste bloccate, dopo che la forte nevicata aveva bloccato la strada che collegava il rifugio col fondovalle.

Oltre al maltempo si verificarono tre  scosse di terremoto, a cui seguirono tutta una serie di repliche nel pomeriggio e intorno alle 17 un blocco di neve e detriti si staccò dalla montagna alle spalle del resort. L’albergo fu completamente travolto e la valanga lo spostò di circa dieci metri verso valle. A dare l’allarme fu il cuoco Giampiero Parete che dall’interno della sua auto, vide la valanga abbattersi sull’hotel e riuscì ad avvisare al telefono il suo datore di lavoro Quintino Marcella. Nell’albergo c’erano anche la moglie e i due figli di Parete, che saranno poi tra gli 11 superstiti. Marcella chiamò i soccorsi ma nessuno credeva a ciò che raccontava. Solo alle 18.57 un volontario della Protezione civile credette alle segnalazioni su Rigopiano e fece in modo che i soccorsi si mettessero in moto. Una trentina di uomini del Soccorso alpino, della Guardia di Finanza e dei Vigili del Fuoco si mossero da Pescara, che si trova a 32 chilometri di distanza e da Penne, a 9 chilometri, poco prima delle 20. Ci vollero ore a raggiungere l’albergo.

Le operazioni di soccorso durarono una settimana. Morirono 15 uomini e 14 donne, 18 erano ospiti dell’hotel e 11 facevano parte del personale.


Il cuoco Giampiero Parete raccontò: “Mentre tornavo verso l’hotel ho sentito rumori e scricchiolii e ho visto la montagna cadere addosso all’edificio. Ha travolto anche me, ma parzialmente. Ho visto gran parte dell’albergo ricoperto dalla neve. Ho provato a entrare dentro, ma ho rischiato di rimanere intrappolato. Allora mi sono aggrappato a un ramo e sono riuscito a tornare verso la macchina. Poi ho incontrato il manutentore dell’albergo e insieme abbiamo lanciato l’allarme. Dall’interno dell’hotel non ho sentito alcun rumore o movimento”.

Oggi ci saranno la fiaccolata e la messa ma i parenti delle vittime sono delusi e arrabbiati per un processo, con 30 imputati, che è ancora alla fase preliminare. I reati contestati vanno, a vario titolo, dal crollo di costruzioni o altri disastri colposi, all’omicidio e lesioni colpose, all’abuso d’ufficio e al falso ideologico.

I familiari delle vittime affermano: “Dopo 5 anni di lunga e logorante attesa, speriamo che il 2022 sia l’anno che porti la giustizia che meritate, anime innocenti, e che noi familiari chiediamo per voi. Dovrà essere l’anno buono, perché il vaso è veramente colmo e non può più accettare alcuna scusante e nessun allungamento dei tempi”.

Gli imputati hanno già scelto il rito abbreviato. Tra di loro ci sono rappresentanti della Regione Abruzzo, della Provincia di Pescara, della Prefettura di Pescara e del Comune di Farindola, alcuni rappresentanti dell’albergo distrutto e 7 impiegati della Prefettura di Pescara accusati di depistaggio in un fascicolo poi riunito al procedimento principale. Tra questi sette indagati c’è anche l’ex prefetto Francesco Provolo.

Tra le segnalazioni occultate c’era anche la telefonata che il cameriere dell’hotel, Gabriele D’Angelo, morto poi sotto la valanga, fece al Centro coordinamento dei soccorsi della Prefettura di Pescara alle 11.38 di quella mattina. D’Angelo segnalava che ospiti e personale volevano lasciare l’hotel ma la strada era bloccata e chiedeva un intervento sollecito.

La prossima udienza si terrà il 28 gennaio ma ci sarà un rinvio, come ce ne sono già stati in precedenza. Il processo dovrà stabilire se una serie di iniziative rapide avrebbero potuto evitare la morte di 29 persone.

Il Procuratore capo di Pescara, Giuseppe Belelli, ha detto: “Chiederemo un calendario serrato di udienze, con l’obiettivo di arrivare a sentenza, anche grazie al rito abbreviato, entro pochi mesi. Molto prima della fine dell’anno. È un impegno che devo a padri, compagni, fratelli che piangono i loro cari. E a quanti portano, da vivi, i segni della sciagura”.

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