Operazione “Araldo”: 10 arresti per usura ed estorsionir

Questa mattina, nell’ambito di un’operazione congiunta, i militari della Compagnia Carabinieri di Bagheria e del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza hanno arrestato 10 persone, di cui 9 in carcere e 1 agli arresti domiciliari. Altre 11 persone sono indagate a piede libero. I militari, contestualmente, hanno proceduto al sequestro preventivo di quote di una società, un locale commerciale adibito a laboratorio e relativo terreno e un bar-tavola calda di Villabate con annesso chiosco, per un valore complessivo di circa 500.000 euro.

I reati contestati sono: concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al delitto di usura, usura e estorsione aggravate dalla metodologia mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. L’attività investigativa, iniziata nell’aprile 2018, ha: acclarato l’esistenza di un sodalizio dedito all’usura; permesso l’individuazione delle vittime, tutte in evidente stato di indigenza e in una chiara posizione di insolvenza; consentito di accertare che le attività illecite venivano svolte con metodologia mafiosa.

L’organizzazione criminale, anche con la collaborazione di una funzionaria in servizio presso la società “Riscossione Sicilia S.p.A.” (che forniva illecitamente notizie riservate circa le posizioni debitorie di numerosi soggetti), una volta individuate le potenziali vittime, assicurava loro la possibilità di ricevere dei prestiti ai tassi usurai descritti.

Tra i vari episodi estorsivi è stato documentato anche il coinvolgimento di Giuseppe Sacduto, già capo del mandamento di Bagheria e all’epoca sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, il quale delegava Atanasio Alcamo già imputato per 416-bis. Sono, inoltre, arrestati: Giovanni Di Salvo, l’Avv. Alessandro Del Giudice, Simone Nappini, Antonino Troia, Giovanni Riela, Gioacchino Focarino, Antonino Saverino e Vincenzo Fucarino.

L’indagine, convenzionalmente denominata “Araldo”, è stata avviata focalizzando inizialmente l’attenzione investigativa sull’Avvocato Del Giudice, pienamente inserito nel suddetto sistema di erogazione illecita di prestiti, che, in qualità di legale di un “uomo d’onore” intraneo alla famiglia mafiosa di Misilmeri (PA), aveva assunto, ripetutamente, la veste di portavoce del proprio assistito detenuto per messaggi e direttive da veicolare fuori dall’istituto penitenziario, garantendogli la periodica comunicazione con gli altri associati e la gestione indiretta delle attività imprenditoriali, fittiziamente intestate a terzi, nelle quali aveva investito i proventi di pregresse attività delittuose.

 

Condividi
Per informazioni scrivere a: info@tfnews.it