Cinema – “PerdutaMente” un film di Paolo Ruffini e Ivana Di Biase

Arriva nelle sale italiane con un’uscita evento per il giorno di San Valentino, il 14 febbraio, PerdutaMente, con cui Paolo Ruffini, attore, autore e regista popolare in cinema, tv e teatro, in coregia con Ivana Di Biase, torna a toccare un tema di particolare impatto sociale, con un modo profondo e insieme leggero e disincantato, per raggiungere una conoscenza e un coinvolgimento del pubblico più ampio possibile. Un modo già sperimentato con grande eco del precedente ‘Up&Down’, e che in PerdutaMente tocca i confini di un mondo complesso: quello dell’Alzheimer.

In questo nuovo lavoro, Ruffini si mette in viaggio per l’Italia alla ricerca di incontri, esperienze, confronti con persone affette dall’Alzheimer, e con chi se ne prende cura: parenti, amici, affetti.

Quello che emerge, sorprendente e irrefrenabile, non è un racconto di malattia, ma è un racconto d’amore. Di un amore come cura, e non di chi è colpito dall’Alzheimer, ma di chi è vicino ai pazienti.

In una stagione in cui ogni giorno e a ogni ora parliamo di ‘contagio’, il documentario ci racconta contagiandoci storie di un’Italia nascosta, colpita da un male, e allo stesso tempo colpita da una reazione straordinaria all’altezza del cuore.

PerdutaMente è prodotto da Prodotto da Paolo Ruffini e Nicola Nocella per Vera Film, e Antonino Moscatt e Angelisa Castronovo per Well See, in collaborazione con la Fondazione Polli Stoppani e con il contributo di Roberto Cavalli. Arriva in uscita evento il 14, 15 e 16 febbraio, distribuito da Luce Cinecittà, e vedrà gli autori coinvolti in numerose presentazioni con il pubblico.

Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale, determinando decadimento fisico e cognitivo, perdita della memoria, della coscienza e della percezione del sé e della realtà.

Paolo Ruffini attraversa l’Italia per intervistare persone affette dalla malattia di Alzheimer e i loro familiari, definiti “seconde vittime” dell’Alzheimer, che si trovano ad affrontare un carico fisico ed emotivo enorme accompagnando i propri cari attraverso il doloroso cammino della malattia.

Dalla malattia di Alzheimer, ad oggi, non è possibile guarire, tuttavia è possibile curarla, nel senso di “prendersi cura” di chi si ama, e l’unica cura possibile è l’amore.

Il centro narrativo del documentario non è la malattia, ma le emozioni e i sentimenti che legano i pazienti ai propri cari.

Attraverso le interviste si raccontano diverse storie d’amore, e soprattutto diverse dimensioni dell’amore: quello tra compagni di vita, tra genitori e figli, nonni e nipoti, tra fratelli e sorelle.

In questo viaggio, tra storie e sentimenti, mentre la memoria della realtà viene progressivamente sgretolata dalla malattia, resta invece la memoria emotiva che rappresenta l’unico legame che i pazienti conservano con la vita che li circonda.

Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa irreversibile, per la quale non esiste cura. È la forma più comune di demenza, che colpisce le cellule nervose di varie regioni celebrali (corteccia, gangli e ippocampo), e comporta una progressiva diminuzione delle capacità cognitive.

I sintomi precoci più comuni sono la perdita della memoria recente e le alterazioni comportamentali. L’avanzare della patologia provoca sintomi sempre più gravi, tra cui disorientamento, cambiamenti della personalità, confusione spazio-temporale, depressione, ansia, allucinazioni e deliri, difficoltà nel linguaggio e nei movimenti, nonché gravi perdite di memoria da breve a lungo termine.

Secondo il Rapporto OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e ADI (Alzheimer’s Disease International) la demenza, nelle sue molteplici forme, è stata definita “Una priorità mondiale di salute pubblica”.

Le stime più recenti a livello internazionale indicano che nel mondo vi sono circa 35,6 milioni di persone affette da questi disturbi, con 7,7 milioni di nuovi casi ogni anno e un nuovo caso diagnosticato ogni 4 secondi. Il numero di persone con demenza, e principalmente Malattia di Alzheimer, dovrebbe triplicare nei prossimi 40 anni.

In Italia circa 1 milione di persone ne sono affette e circa 3 milioni sono direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari.

La memoria è un documento dell’identità personale, della propria storia, ma più di tutto della propria coscienza. Noi siamo la nostra memoria, e perderla significa perdere sé stessi. Significa abitare un corpo senza esistere.

Questa consapevolezza è stata solo una delle tappe del viaggio che ha disegnato questo film. Attraversando l’Italia ho avuto il privilegio di entrare nelle case di persone sconosciute e straordinarie, che hanno condiviso con noi le loro storie. Storie di vite fuori dal comune, storie segnate dall’Alzheimer, storie di dolore e disperazione, ma soprattutto storie d’amore.

La traccia seguita, nel corso di questa indagine, è stata la differenza tra cura e guarigione. Quello che ho imparato è che dal morbo di Alzheimer non è possibile guarire, ma è possibile curare, se non la malattia, la persona, proprio con l’amore.

La prima domanda, posta nel corso della prima intervista, è stata: “Che cosa significa prendersi cura di un malato di Alzheimer?“. La risposta che ho ascoltato, senza esitazione nella voce di Franco, è stata: “Amare“.

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