Dati falsi sulla pandemia inviati all’Istituto Superiore di Sanità

Sembrerebbe che siano stati inviati, all’Istituto Superiore di Sanità, dei dati falsi sulla pandemia, in cui venivano modificati il numero dei positivi e dei tamponi e a volte anche quello delle vittime. Questo avrebbe condizionato i provvedimenti adottati per il contenimento della diffusione del virus. Questa è l’accusa che i Carabinieri del Nas di Palermo e del Comando Provinciale di Trapani, rivolgono con un’ordinanza di misura cautelare agli arresti domiciliari, nei confronti di alcuni rappresentanti del Dipartimento Regionale per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico dell’Assessorato della Salute della Regione Siciliana.

Chi è coinvolto nei presunti dati falsi

Al momento sono finiti ai domiciliari la Dirigente Generale del Dasoe, Maria Letizia Di Liberti, il Funzionario della Regione, Salvatore Cusimano e il dipendente di una società che si occupa della gestione informatica dei dati dell’Assessorato, Emilio Madonia.

É indagato anche l’Assessore Regionale alla Sanità della Sicilia, Ruggero Razza. E’ accusato di falsità materiale ed ideologica. I Carabinieri gli hanno anche sequestrato dei telefoni.

Dalle intercettazioni sembrerebbe che l’Assessore Ruggero Razza abbia detto alla Dirigente regionale di spalmare un pò i numeri. Lei chiede: “I deceduti glieli devo lasciare o glieli spalmo?”. E Razza domanda: “Ma sono veri?”. La Dirigente: “Si, solo che sono di 3 giorni fa”.

Razza dà l’assenso dicendo: “Spalmiamoli un poco”. La Dirigente prosegue: “Ah, ok allora oggi gliene do uno e gli altri li spalmo in questi giorni, va bene, ok. Mentre quelli del San Marco, i 6 sono veri e pure gli altri 5 sono tutti di ieri… quelli di Ragusa, Ragusa 5! E questi 6 al San Marco sono di ieri.. perché ieri il San Marco ne aveva avuti ieri altri 5 del giorno prima, in pratica. Va bene?” . L’Assessore risponde: “Ok”.

Entrambi sono coinvolti nell’inchiesta sui dati falsi forniti all’Istituto di Sanità e l’intercettazione è agli atti dell’indagine. La conversazione telefonica è del novembre scorso dopo la decisione del Governo di mettere la Sicilia in “zona arancione”. Nella telefonata, il Gip afferma che l’Assessore si dice amareggiato, deluso: “per non essere riusciti ad assicurare la buona gestione dell’emergenza sanitaria”. Spiega il giudice: Razza riferisce che il 90% della situazione creatasi è attribuibile alla loro piena responsabilità, ma la Di Liberti sostiene che i dati sono quelli estrapolati dalle piattaforme informatiche, al che l’assessore le fa notare, con rammarico, che nessuno lo ha mai informato della grave criticità emersa, a suo dire, da un raffronto dei dati della Regione Siciliana con quelli comunicati dalle altre Regioni”.

Secondo i militari del Nas che conducono l’inchiesta: “sebbene non emerga ancora compendio investigativo grave, è emerso il parziale coinvolgimento di Razza nelle attività delittuose del Dasoe”, il Dipartimento Regionale per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico.

Dal mese di novembre sarebbero circa 40 gli episodi di falso documentati dagli investigatori dell’Arma, l’ultimo dei quali risalirebbe al 19 marzo 2021. Sono state effettuate perquisizioni domiciliari nei confronti di altri sette indagati alla ricerca di materiale informatico e documenti utili alle indagini. Infine sono state acquisite email e dati presso i server dell’Assessorato Regionale alla Salute e Dipartimento.

Dall’indagine, scrive il Gip di Trapani: “sembra estraneo il Presidente della Regione Nello Musumeci, che pare tratto in inganno dalle false informazioni che gli vengono riferite”.

Sarebbero indagati anche il Vice capo di gabinetto dell’Assessorato, Ferdinando Croce e il Dirigente Mario Palermo.

Le intercettazioni

In un messaggio audio Whatsapp del 4 novembre il Direttore Generale del dipartimento Salute, Mario La Rocca, dice: “Non sento c… perché oggi faranno le valutazioni e in funzione dei posti letto in terapia intensiva decideranno in quale fascia la Sicilia risiede”. Era il giorno in cui la Sicilia diventava zona arancione, con il rischio di diventare rossa inserito nella chat di lavoro dei funzionari che si occupano di inserire i dati ufficiali necessari a elaborare molti dei parametri che decidono il “colore” delle varie Regioni.

Quel messaggio audio, che non è collegato all’indagine che ha portato agli arresti di oggi nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Procura di Trapani, il 21 novembre venne pubblicato dal quotidiano ‘La Sicilia’ e suscitò polemiche. Nella chat La Rocca con toni perentori incalzava: “Appena stasera ci chiudono, ognuno sarà responsabile di quello che la Sicilia subirà in termini di restrizioni”. Si scatenarono le polemiche da più parti e il Ministero della Salute decise l’invio di personale tecnico e carabinieri del Nas in Sicilia per fare luce sulla vicenda dei numeri.

La Rocca disse a sua difesa: “Ero incavolato, dicevo ai manager di ospedali e Asp che dovevano applicare il piano della Regione destinando posti letto ai malati Covid ma non lo facevano. Non avevano gli attributi per imporsi su alcuni medici: perché ci sono medici che si stanno sacrificando dando l’anima in questa emergenza e ci sono quelli che invece non vogliono occuparsi di questi malati per poter continuare a gestire pazienti in intramoenia”.

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