Tre anni dal Covid. La Giornata Nazionale dei “camici bianchi”

Sono trascorsi tre anni da quando la TV  ha annunciato il primo caso accertato di Covid19 a Codogno. Un’incredulità generale che avrebbe sconvolto le nostre vite e nessuno ancora lo sapeva. La prima volta che i media hanno iniziato a pronunciare parole come Coronavirus, Covid e terapie intensive, sembrava che, oltre alla Cina, il mondo fosse stato al sicuro.

“Ma si tratta della Cina, qui è tutto apposto”. Innumerevoli le volte che qualcuno ha pronunciato questa frase. Tante quanto il mondo ha dovuto contare i propri morti, ma questo nessuno poteva ancora saperlo. Mentre la Cina in pochi giorni costruiva ospedali per i pazienti Covid, in Italia si sentiva sempre più spesso Codogno, seguito dalla scoperta del paziente 1: Mattia Maestri (38 anni).

I primi voli da e per la Cina iniziano a bloccarsi e l’interesse dei Paesi inizia a spostarsi verso l’Italia. Un Paese definito “l’untore”. Sono bastati pochi giorni e il virus ha iniziato a correre all’impazzata e la Lombardia è entrata in crisi. Tutto sembrava essere sotto controllo e la Regione del nord continuava ad essere vista come troppo lontana per creare un allarme.


Eppure i contagi salivano e lo facevano velocemente. C’era solo una soluzione, chiudere totalmente la Regione. Così i primi di marzo, la Lombardia conosce la parola lockdown. Pochi giorni dopo, l’Italia si spegne lentamente e il Paese entra ufficialmente in lockdown totale.

Covid, L’Italia si chiude 

In mezzo alla paura del virus e l’incertezza totale nel futuro, i contagi salgono in maniera inarrestabile e colpiscono tutto il mondo. L’epidemia lascia il posto alla pandemia. Gli ospedali rischiano il collasso e i morti sono troppi. E mentre la gente lotta contro le proprie paure dentro casa, i parenti non possono piangere i propri defunti. Perché nulla è più concesso, nemmeno un abbraccio, nemmeno una spalla su cui piangere.

“Quando si muore, si muore soli”, mai frase, come quella di De André, fu più giusta. Il Covid ha costretto le persone a vivere e a morire sole, senza la possibilità di poter abbracciare per l’ultima volta il proprio caro. Impossibile dimenticare i camion dell’Esercito che portavano via le bare dei morti a Bergamo.

Ma cosa succedeva tutto intorno? Il Paese sembrava essersi fermato, ma con la speranza nel cuore che “tutto sarebbe andato bene”. Con l’arrivo della bella stagione, gli italiani smettono di cantare sui balconi, il virus lentamente “scompare” e ricominciano quei piccolissimi viaggi nei mesi di  luglio ed agosto.

La Giornata Nazionale dei Camici Bianchi

Oggi, 20 febbraio, si celebra la Giornata Nazionale dei Camici Bianchi. E’ stata istituita con un’apposita legge dello stato nel novembre 2020. Una giornata per onorare l’immenso lavoro che ha visto impegnati migliaia e migliaia di medici e infermieri di tutta Italia. Uomini e donne scesi e scese in campo a lottare in prima linea per  cercare di salvare non solo i malati Covid, ma anche tutti gli altri.

Un lavoro enorme che andrebbe ricordato ogni giorno, perché in ogni momento, il personale paramedico e medico, per salvare le vite altrui, ha messo a rischio anche la propria. Non tutti, purtroppo, ce l’hanno fatta. Un sacrificio che ha coinvolto anche: personale sociosanitario, socioassistenziale e volontariato.

In questa battaglia hanno perso la vita medici, infermieri e farmacisti. Una battaglia che hanno combattuto silenziosamente, senza alzare mai la testa, nella sofferenza di vedere intere vite andarsene via in un attimo. Cosa che succede da anni e non soltanto ora. Ed è triste sapere che solo per via del Covid ricevono ufficialmente un GRAZIE!

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