L’aridocoltura o dry farming è un tipo di agricoltura che pratica il più razionale uso delle limitate risorse idriche disponibili. Ovviamente non è possibile coltivare l’orto senza un minimo di acqua, possiamo però usarne molto poca.
La siccità che sta colpendo l’Italia rischia di scatenare criticità in molti settori chiave dell’economia e della vita di tutti i giorni di noi cittadini.
I cambiamenti climatici e l’aumentare della popolazione mondiale, con la conseguente crescita di richiesta di cibo, stanno infatti riducendo la disponibilità di acqua dolce, di cui, invece, l’agricoltura ha davvero bisogno. Agricoltura che, allo stesso tempo, secondo la FAO è responsabile del consumo del 70% di acqua potabile al mondo. Ecco allora che le tecniche ,usate fin dall’antichità dagli uomini per sopravvivere anche in zone semi aride , possono essere un modo per rendere le coltivazioni più sostenibili.
Aridocoltura si basa su tre principi di base:
- favorire l’aumento della disponibilità idrica per le colture attraverso opportune lavorazioni e sistemazioni del suolo;
- ridurre le perdite di acqua;
- utilizzare colture e tecniche di coltivazione adatte e idonee per una migliore utilizzazione delle risorse idriche disponibili.
Per prima cosa bisogna evitare la dispersione dell’acqua, sia durante l’irrigazione sia di quella che stata immagazzinata dopo una pioggia. Per ridurre l’evaporazione del terreno utile la pacciamatura, ovvero la copertura del terreno con il materiale presente in abbondanza: paglia, fieno, cartone, sassi, ramaglie. Coprire il suolo di un materiale organico è l’ideale. Pure la scelta delle piante da coltivare può giocare un ruolo importante in questa partita. Utilizzare le specie e varietà più adatte permette sicuramente di sfruttare meglio le risorse idriche naturali e risparmiare acqua .
Tra le colture erbacee più resistenti alla siccità ci sono il frumento duro, l’orzo e l’avena precoce; il sorgo o saggina, una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle graminacee oggi diffuso in tutto il mondo: dall’Asia all’Europa, dall’America all’Australia. Il sorgo, infatti, è una specie capace di adeguarsi a condizioni ambientali diverse e anche particolarmente ostili: è resistente alla siccità e trova la temperatura più adatta al suo sviluppo intorno ai 30-35°C.
L’obiettivo finale deve essere quello di implementare queste tecniche e garantire le migliori produzioni anche in presenza di ridotte risorse idriche, una condizione che si manifesterà con sempre più probabilità nei prossimi anni.