Fondi di investimento italiani: è giunto il momento di una svolta strategica

Sembra veramente giunto per i fondi di investimento italiani il momento di una svolta strategica nelle proprie scelte di mercato e di politica societaria.

L’ennesimo segnale, dopo i numerosi messaggi lanciati negli ultimi anni dalle Autorità di Controllo nazionali, viene ora dalla lettura dei dati di consuntivo relativi allo scorso anno, raccolti dal centro studi di Tosetti Value, uno dei principali Multi – Family office in Europa.

Secondo questa indagine la performance registrata dai fondi italiani si è attestata sull’1,9%, mentre per le 30 principali  case di investimento europee il risultato è stato pari mediamente al 3,9%.

Fermo restando che lo scorso anno è, certamente, stato un anno atipico per gli effetti negativi derivanti dal diffondersi della pandemia da Covid ’19. Rimane il dato statistico del differenziale di performance tra gestori italiani e case di investimento europee, a beneficio delle seconde, che va analizzato e spiegato.

Cause differenziali per i fondi di investimento

La prima causa di questo differenziale risiede nel diverso  peso rappresentato dalla componente azionaria nei portafogli. 43,3% in quelli europei contro 17,5% in quelli italiani) e frutto di una precisa e ben consolidata scelta strategica di mercato.

Non è, pertanto, da escludere che, in un prossimo futuro e con condizioni  generali di mercato meno incerte e rischiose, anche i fondi di investimento del nostro Paese possano rivedere al ribasso la propria quota obbligazionaria attestata al 33,5%.

Ma vi è anche una seconda causa che incide, e non poco , sulla differenza di performance. Sono  i cosiddetti oneri ricorrenti. Un insieme di voci, che risulta formato dalle commissioni di gestione e  dagli oneri di banca depositaria. Non solo, ma anche  dai costi di revisione e da eventuali altri costi fissi a beneficio delle società di gestione e che pesa nel nostro Paese per l’1,43%. Mentre nel resto dei Paesi europei, considerati in questa indagine, rimane al di sotto dell’1%.

Una comparazione impietosa per i gestori italiani e che, addirittura peggiora, se si allarga l’orizzonte d’analisi a un triennio. Pesando i costi fissi per il 6,9% circa su un dato di performance già meno brillante.

Da qui potrebbe, quindi, nascere da parte dei fondi di investimento italiani la spinta per una riconsiderazione delle proprie politiche societarie in tema di oneri applicati. Questo, anche per rendere meno penalizzante il confronto con i propri omologhi europei in termini di competitività e attrattività complessive.

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