Green Pass per persone Transgender: facciamo chiarezza

Il Green Pass, il tanto amato e odiato certificato verde che certifica che una persona abbia avuto almeno la prima dose di vaccino è l’unica arma per combattere l’avanzare del Covid-19 che da ormai quasi due anni ci sta cambiando la vita.

I controlli all’ingresso di ristoranti, palestre, cinema e teatri è affidato ai titolare o gestori; loro devono scannerizzare il QR code e identificare la persona tramite documento d’identità. Infatti quando il green pass viene scannerizzato sullo smartphone compare il nome e il cognome della persona titolare del certificato verde. 

Ma questo “controllo” sta rendendo le cose un pò complicate a coloro che hanno iniziato o stanno per iniziare il percorso di transizione. Cosa vuol dire in poche parole? Tuttə le persone transessuali si stanno ritrovando a doversi giustificare in merito al nome che compare sul green pass e il loro aspetto esteriore. 

 Il problema si pone per chi ha cambiato genere e non ha ancora ottenuto la rettifica dei dati anagrafici che in Italia si ottiene solo al termine del percorso di affermazione di genere, così da poter avanzare domanda al Tribunale competente per ottenere l’autorizzazione alla riassegnazione del sesso e al cambiamento del nome.

Il problema si evidenzia quando un gestore o titolare, prima ancora di aver visto il “documento non modificato” inizia a utilizzare parole come “questo green pass è falso” o “ma qui c’è scritto un altro nome” o ancora peggio “questo green pass è di un uomo e tu sembri una donna“. Queste frasi non sono semplici esempi, ma esclamazioni che le associazioni per i diritti delle persone transgender stanno denunciando.

Anche la Senatrice Monica Cirinnà da giorni ha posto il tema  in aula dichiarando: “La questione non é quella di esonerare alcune categorie di persone dall’uso del Green Pass. Tutto il contrario; si tratta di mettere le persone trans nella condizione di potere usare il Green Pass come tutte e tutti coloro che lo possiedono. E per fare questo è necessario almeno intervenire sulle modalità di controllo delle generalità, per garantire che il rispetto della riservatezza sia effettivo.” La Senatrice ha ribadito la sua preoccupazione nel corso di un’intervista all’Huffington Post, in cui ha sottolineato che questa difficoltà deriva “dall’inadeguatezza delle leggi vigenti a riconoscere la complessità dell’esperienza di vita delle persone transgender, ma anche dall’insufficiente formazione che si fa, su questi temi, nelle pubbliche amministrazioni, a tutti i livelli“.

Alla Senatrice  preoccupa anche l’ultima circolare del Ministero dell’Interno, che potrebbe addirittura complicare una situazione già di per se’ complessa. “La circolare chiarisce infatti che il controllo del documento, di base discrezionale, è necessario solo quando emergono differenze evidente tra i dati riportati sul green pass e l’aspetto della persona.Tant’è che alcuni giornali, oggi, fanno proprio l’esempio della persona di aspetto maschile che presenti un green pass con dati femminili e viceversa. Questa è esattamente la situazione in cui si trovano le persone trans in attesa di rettifica anagrafica” scrive Monica Cirinnà sul suo profilo Facebook.

La questione, importante, deve però trovare una soluzione semplice e soprattutto celere. Prima fra tutte evitare, ad esempio, i commenti ironici  durante il controllo, sarebbe già un grande risultato. Commenti inutili sarebbero da evitare da parte di certi colleghi che scrivono titoloni acchiappalike…

Caro gestore, titolare, dipendente, incaricato al controllo del green pass, quando ti trovi davanti una persona e specifico meglio UNA PERSONA, davanti e durante il controllo, se noti che il nome riportato non “rispecchia” sfoggia il tuo più bel sorriso ed educatamente chiedi “posso vedere gentilmente il documento ” evitando commenti a voce alta, volgari scenate e soprattutto attacchi omofobici. Questo sì sarebbe un primo civilissimo passo. Per il resto è compito di chi fa le leggi tutelare tutti e tutte. Ma su questo c’è ancora tanto da lavorare.

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