I riflessi della lunghezza delle procedure fallimentari sullo sviluppo economico italiano

Tra i fattori che incidono negativamente sulla capacità dell’Italia di attrarre investimenti dall’estero, in tutte le analisi finora svolte, viene citata la lentezza della giustizia, soprattutto del settore fallimentare e anche civile. Inefficienze burocratiche, organizzazione del lavoro da riconsiderare, ma anche formalismi procedurali. Ormai, privi di senso, unitamente a un limitato utilizzo di tecnologie più avanzate, sono alla base di questa situazione. Significativamente penalizza il nostro Paese rispetto ai suoi principali competitors.

C’è, allora, da chiedersi se la pandemia da Covid ’19 abbia in qualche modo influito su questa situazione, vista la sospensione delle udienze che si è protratta per alcuni mesi dello scorso anno .

Settore fallimentare la risposta di Cherry

Una risposta, almeno per il settore fallimentare, viene ora fornita da un rapporto stilato da Cherry, una start up italiana, nata un paio di anni fa e che offre il proprio supporto applicativo di intelligenza artificiale a intermediari finanziari tradizionali e players innovativi nel campo della gestione dei crediti deteriorati.

Secondo questo documento, lo scorso anno nel settore fallimentare la pandemia ha lasciato il proprio segno, registrandosi un significativo calo delle nuove istanze di procedura fallimentare (- 38% rispetto al 2019). Un risultato legato, sicuramente, anche all’attivazione di quelle misure di sostegno economico alle imprese, che hanno consentito il rinvio dei pagamenti e, quindi, differito nel tempo la certificazione di un’eventuale insolvenza.

Ciononostante – ed è questa l’altra faccia della medaglia, che invita a una seria riflessione – il numero delle procedure fallimentari portate a termine è risultato inferiore di quasi 1000 unità rispetto al 2019..

Il lavoro dei Tribunali fallimentari

Si tratta di dati complessivi in cui confluiscono situazioni assai differenziate. Non si può non notare, ad esempio, il comportamento decisamente virtuoso di alcuni Tribunali, sia al Sud che al Nord del nostro Paese (a Palermo, come a Verona) con aumenti molto consistenti nella chiusura delle procedure fallimentari e di riflesso con un rilevante smaltimento delle pratiche pendenti. A fronte di ciò, vi sono, invece, altre sedi che hanno decisamente segnato il passo. In estrema sintesi,  impietosamente le statistiche raccolte mettono in evidenza che, sui 20 Tribunali fallimentari italiani più importanti, solo 4 hanno fatto meglio su questo versante lo scorso anno rispetto a quello precedente.

Secondo le valutazioni di Cherry, alla luce di questo andamento, occorrerebbero, pertanto, non meno di 5/6 anni per ottenere un completo smaltimento delle procedure fallimentari pendenti. Una previsione, che potrebbe ulteriormente peggiorare, qualora si determinasse nei prossimi anni una fisiologica crescita delle nuove istanze fallimentari, a seguito della rimozione delle misure di moratoria prima ricordate.

Occorrerà, dunque, un impegno notevole per avviare a soluzione questo problema di inefficienza della macchina della giustizia italiana. Una sfida cruciale, anche perché chiudere le procedure fallimentari in tempi ragionevoli è fondamentale, sia per rassicurare i creditori sul riconoscimento dei propri diritti; sia, ancor più, per migliorare realmente la capacità di attrazione dei capitali stranieri verso il nostro Paese.

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