Numero record di emittenti (200) per un valore complessivo di 1.067 miliardi di euro a fronte di 219 emissioni, di cui il 43% per un importo inferiore ai 2 milioni di euro. Sono queste alcune delle più significative cifre contenute nell’8° Rapporto curato dall’Osservatorio Minibond del Politecnico di Milano, che fotografano la situazione italiana del mercato di questo strumento finanziario relativamente allo scorso anno.
I minibond sono obbligazioni di medio lungo temine emesse da società italiane non quotate aventi un fatturato superiore ai 2 milioni di euro e con più di 10 dipendenti – un identikit tipico delle piccole/medie imprese – e sono destinati a finanziare piani di sviluppo o, comunque operazioni di investimento straordinario.
Sempre dal Rapporto dell’Osservatorio, stilato sulla base dei riscontri riferiti a un universo statistico di 832 imprese, di cui 520 appartenenti al segmento delle piccole/medie imprese, si apprende che a comporre nel 2021 la platea degli emittenti hanno concorso per il 52% le società per azioni, mentre per il resto le quote residue appartengono alle società a responsabilità limitata (45%) e alle società cooperative (3%).
Le caratteristiche dei titoli di queste nuove emissioni del 2021 si possono così riassumere: valore medio dell’emissione (con riferimento al secondo semestre dell’anno) 4,75 milioni di euro; valore medio della durata in anni di 5,63, in diminuzione rispetto all’anno precedente; cedola indicizzata in 39 delle 219 emissioni, per il resto cedole fisse.
Al successo di questo strumento finanziario nel nostro Paese hanno concorso alcuni fattori. Va, infatti sottolineato, l’apporto del Fondo Europeo degli Investimenti – FEI, creatura della Banca Europea degli Investimenti, che si è rivelata molto attiva su questo versante, approvando nuove committenze a favore di fondi privati per oltre 230 milioni di euro. Un orientamento, in realtà, non inedito, se si considera che il FEI ha investito dal 2007 6,5 miliardi di euro in fondi di credito, catalizzando investimenti per complessivi 26 miliardi di euro. Non si può, poi, dimenticare quanto svolto dal Fondo Patrimonio per le Piccole/Medie Imprese di Invitalia, che ha sottoscritto 154 emissioni per oltre 264 milioni di euro.
Altro elemento di spinta a favorire le emissioni dei minibond è stato, da un lato il ruolo delle garanzie pubbliche, che hanno affiancato questi investimenti: da quelle prestate dal Fondo di Garanzia Statale, alle altre della SACE e delle finanziarie regionali; dall’altro gli orientamenti operativi, sia dei PIR alternativi, che hanno beneficiato dell’abbassamento dell’originaria soglia di ingresso di 500mila euro nei Fondi di Investimento Alternativi per la clientela privata, sia dei Fondi del tipo ELTF (European Long Term Funds).
E, infine, per il 2022 il Rapporto non si sbilancia nelle sue previsioni circa l’andamento del mercato italiano dei minibond, alla luce delle tensioni che si stanno manifestando da alcuni mesi sui mercato delle materie prime e delle altre innescate dal conflitto russo – ucraino; tensioni che, peraltro, potrebbero essere controbilanciate dagli elementi trainanti tipici di questo mercato, quali i nuovi programmi di basket bond e la crescente attenzione del mondo delle imprese verso le tematiche ESG.