Impatto del coronavirus e del lockdown sui rifiuti speciali

L’impatto economico del lockdown di primavera, dovuto al coronavirus, sull’industria dei rifiuti speciali è stato di un miliardo di euro in meno. Waste Strategy ha fatto una prima stima delle conseguenze economiche della chiusura di numerose attività, partendo dai settori indicati dal dpcm del 25 marzo 2020. É stato ipotizzato che si siano persi due mesi lavorativi tra fermo e ripartenza. Il calo è compreso tra i 4,2 e i 4,8 milioni di tonnellate di rifiuti speciali solo nelle tre regioni più colpite: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.

I rifiuti sanitari invece hanno visto un’improvvisa e imprevedibile impennata dei volumi da gestire mettendo a dura prova il sistema. Le complessità italiane rischiano di diventare drammatiche in un comparto dove la termovalorizzazione è necessaria per ovviare ragioni di sicurezza sanitaria.

Anche i rifiuti urbani hanno risentito l’impatto della pandemia, infatti per la produzione è previsto un calo, conseguente alla contrazione dei consumi. La crisi impatta anche sulla tariffa dei rifiuti, già oggetto di proroghe. La ristorazione è certamente il settore più penalizzato dal blocco delle attività e le misure rischiano di non bastare. Il paradosso è poi l’onere che rischia di colpire esercizi chiusi che si trovano comunque a pagare per rifiuti non prodotti.

L’impatto secondo gli esperti

L’economista Alessandro Marangoni, a capo del think tank e Ceo di Althesys ha spiegato: “La ricostruzione post-Covid da una situazione drammatica senza precedenti dovrà anche ripensare alcuni aspetti del nostro sistema di waste management. Paradossalmente, la crisi indotta dalla pandemia potrà essere un’opportunità per affrontare con determinazione le debolezze del nostro Paese nei rifiuti. Come carenze di infrastrutture, burocrazia, indecisionismo politico, apatia (o peggio ostilità) sociale”.

Le maggiori 230 aziende che si occupano di raccolta, trattamento, smaltimento e selezione rifiuti urbani hanno registrato nel 2019, un valore di produzione di 11,7 miliardi di euro. Hanno visto un aumento sia dei rifiuti gestiti (+6,4%) che degli investimenti (+4,1%), rispetto al 2018.

Il report di Waste Strategy, ha confermato l’eterogeneità del quadro italiano. Nel 2019 le grandi multiutility quotate hanno generato il 31% del valore di produzione, coprendo poco meno di 3.000 Comuni e il 30% dei rifiuti raccolti. Alle piccole e medie monoutility se ne deve invece il 23%, con il 40% delle municipalità servite.

Al contempo, la raccolta differenziata media aumenta di 1,7 punti percentuali, passando dal 63% al 64,7%, rispetto ad un dato nazionale che era nel 2018 del 58,1%.

I rifiuti gestiti dalle Top 120 aziende della raccolta, trattamento e/o smaltimento si sono attestati su 26,5 milioni di tonnellate, con un aumento del 6,4% sull’anno precedente. Le sole aziende di igiene urbana, in particolare, hanno raccolto 22,8 milioni di tonnellate, aumentate del 6,5% rispetto al 2018. Sono cresciuti anche gli investimenti (+4,1% rispetto al 2018), pari a circa 535 milioni di euro. Le Top 120, pubbliche e private, che coprono il 56% dei Comuni italiani, servono circa il 70% degli abitanti e raccolgono il 76% dei rifiuti urbani.

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