Fanno certamente riflettere i dati, resi noti recentemente dalla Banca d’Italia in occasione della presentazione della sua Relazione Annuale, in tema di redditività delle nostre aziende di credito. Un indicatore, che attira l’attenzione degli osservatori nazionali e stranieri per dedurne sinteticamente lo stato di salute del sistema bancario italiano.
Lo scorso anno la redditività misurata dal rendimento annualizzato del capitale e delle riserve al netto delle componenti straordinarie (ROE) è cresciuta dal 2,0% al 6,0%; mentre, contestualmente, il rendimento complessivo degli attivi (ROA) è passato dallo 0,15% allo 0,42%.
L’incremento del ROE trova una giustificazione importante anche nella marcata diminuzione (-37,7%) del flusso di rettifiche di crediti rispetto a quanto avvenuto nell’anno precedente.
Un rapido cenno alle voci di conto economico mette in evidenza che nel 2021 il margine d’interesse è diminuito dell’1,4%, con un calo dei tassi medi attivi, che ha più che compensato gli effetti della crescita dei volumi di credito. In aumento, invece, il margine di intermediazione (+ 5,2%), in virtù della forte crescita delle commissioni nette (12%), riflesso del marcato incremento dei volumi di risparmio gestito intermediato dalle banche. Complessivamente, il rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione, un rapporto che rappresenta il livello di efficienza operativa, è migliorato, passando dal 71,2% al 67%.
Scendendo,poi, maggiormente nei dettagli delle performance di redditività bancaria, si scopre che per gli 11 gruppi più importanti, i cosiddetti significativi, il ROE al netto delle componenti straordinarie è cresciuto dall’1,4%al 5,4%. Un incremento, sicuramente considerevole, ma, comunque, ben lontano da quello registrato dalle banche di minori dimensioni, balzato dal 3,6% all’8,8%. Inoltre, per questo raggruppamento di banche a dimensione più contenuta colpisce il fatto che ben tre quarti di esse hanno migliorato la propria redditività rispetto all’esercizio precedente.
Prima di lanciarsi nei commenti all’insegna di una reviviscenza del “piccolo è bello”, va, però, ricordato quanto sottolineato dalla stessa Banca d’Italia circa il modello di business di queste banche. Infatti, si può notare una netta differenza di risultati a beneficio di quelle operanti nella gestione del risparmio e nei servizi di investimento, rispetto agli intermediari di credito specializzato e, ancor più, di quelli con prevalente attività creditizia di tipo tradizionale. Anzi, proprio per questi ultimi permane elevata la variabilità dell’efficienza operativa, influenzata dalla maggiore incidenza dei costi operativi, con una paventata tendenza a risultare, in definitiva, peggiore per gli intermediari più piccoli.