Sono passati 9 anni dal tragico naufragio del 3 ottobre 2013. Quella notte un barcone affondò a poche centinaia di metri dall’isola di Lampedusa. Oggi è la Giornata della Memoria.
Tra le 368 vittime c’erano 83 donne e 9 bambini. E nel Mediterraneo si continua a morire. Dopo quella tragedia circa 24 mila migranti e rifugiati hanno perso la vita nel Mediterraneo, quasi 20 mila dei quali lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Solo nel 2022, sono già 1.400 le persone morte o disperse nel Mediterraneo.
A Lampedusa oggi si sono raccolti nel ricordo dei dispersi i tanti superstiti, ognuno con la sua storia. C’è Adal, eritreo in fuga dal regime che quella notte perse il fratello più piccolo, Abraham, di 27 anni. Abraham era sopravvissuto alle torture in Libia ma annegò a due passi dalla sua salvezza. C’è Fanus che nove anni fa aveva appena 16 anni. Fu lei a denunciare lo scafista. Oggi vive in Svezia e ha tre figli. Per tre giorni l’isola ospiterà incontri e ricordi con studenti provenienti da tutto il mondo.
La cronaca della tragedia: 3 ottobre 2013
Quella notte di 9 anni fa un lampedusano, Vito Fiorino, si trovava a bordo della sua barchetta per una battuta di pesca. Poi qualcosa, nel mare: sono centinaia di persone in acqua che chiedono aiuto. “Ho iniziato a portare a bordo questi ragazzi, arrivavano nudi, erano sporchi di petrolio e mi scivolavano dalle mani. Mi dissero che erano circa 500 su quella barca”, racconta Fiorino.
La sua testimonianza è stata raccolta dagli studenti di Lampedusa nel musical Sotto lo stesso cielo. Sono otre 300 gli studenti presenti, 22 le associazioni che hanno vissuto in questi giorni i confronti, dibattiti e spettacoli di stampo civile.
La tragedia non è affatto finita
“Il naufragio del 3 ottobre 2013 scosse le coscienze del continente europeo, mettendo a nudo le conseguenze dell’assenza di una reale politica migratoria. Purtroppo a distanza di nove anni si continua a morire nel Mediterraneo centrale ed orientale, lungo la rotta atlantica e balcanica, nel Canale della Manica e lungo i confini fra Polonia e Bielorussia. Dal 2013, oltre 24.000 persone hanno perso la vita nel solo Mediterraneo. I morti delle migrazioni spesso non hanno nome, non hanno volto, non hanno storia. Corpi sepolti senza identità, vittime senza nome, persone a cui è stato negato un futuro”, dice il Comitato 3 Ottobre.
Brhane, salvataggio “priorità numero uno”
“Per commemorare le vittime, ma anche e soprattutto per il dovere di conoscere. Il nostro obiettivo è di lavorare con le giovani generazioni per creare una società che include e accoglie”, afferma Tareke Brhane, Presidente del Comitato 3 ottobre. Continua Brhane: “È inaccettabile che si continui a perdere la vita in mare e lungo le tante rotte che portano in Europa. Non possiamo accettare che donne, bambini e uomini in fuga dalla violenza continuino a perdere la vita per una carenza di mezzi di soccorso e per l’assenza di corridoi umanitari. Per noi del Comitato, il 3 ottobre resta una data che ci ricorda come il salvataggio di vita umane debba sempre restare la priorità numero uno e come questa responsabilità debba essere una responsabilità condivisa da tutti gli stati membri dell’Unione Europea”.
Oggi c’è una proposta di legge per l’istituzione del 3 ottobre quale Giornata Europea della Memoria e dell’Accoglienza. La proposta dal Comitato 3 ottobre è stata sottoscritta tra gli altri da: Comune di Lampedusa e Linosa, Medici Senza Frontiere Arising Africans, Festival Divercity, U.N.I.R.E.