Due sedi, ma un’unica grande storia è quella raccontata nel video del Ministero della Cultura che vede come protagonista il Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso il quale, nella Dimora storica di San Gaetano, in ambienti affacciati sul sagrato dell’omonima chiesa di origine templare, e in quella più recente, nella Chiesa di Santa Margherita, custodisce la più importante raccolta pubblica italiana di manifesti pubblicitari d’epoca.
Il patrimonio è frutto dell’ardente passione collezionistica dell’ingegnere Nando Salce, che riunì personalmente più 30 mila affiches datate tra il Settecento e il 1962, anno della scomparsa, quando il corposo tesoro venne donato allo Stato. La raccolta si è andata poi fortemente incrementando: oltre migliaia di pezzi, pervenuti al museo grazie alle donazioni di collezionisti privati, sono stati numerosi anche gli oculati acquisti sul mercato internazionale da parte del Ministero guidato da Dario Franceschini, cosicché il patrimonio è cresciuto fino a superare i 50 mila pezzi.
In entrambe le sedi l’offerta museale non ha configurazione permanente: per ragioni scientifiche e conservative, i materiali della Collezione Salce sono esposti a rotazione nell’ambito di mostre temporanee, di carattere monografico o tematico.
Dal 2021 la sede di Santa Margherita, oltre agli spazi espositivi e di servizio, pure presenti nella dimora di San Gaetano, ospita anche il deposito della Collezione. Nel breve cortometraggio, l’arch. Chiara Matteazzi, progettista dei lavori, racconta le vicende che hanno portato alla fondazione dell’Istituzione culturale, ma soprattutto il ruolo imprescindibile della sede di Santa Margherita nel contribuire allo studio, alla salvaguardia e alla promozione dell’immenso patrimonio culturale, attraverso processi di catalogazione, digitalizzazione, diffusione estremamente innovativi, che permettono una conservazione più efficace delle preziose testimonianze
“La casa creata in Santa Margerita è un enorme parallelepipedo, naturalmente blindato e dotato di ogni sistema di sicurezza anche in caso di incendio o di allagamento e all’interno del quale i manifesti sono riposti in grandi cassettiere di metallo che un sistema computerizzato è in grado di mobilizzare“, evidenzia Matteazzi.
“In sostanza – prosegue – se uno studioso vorrà consultare un dato manifesto o i diversi manifesti di un autore, non avrà che da impostare la sua ricerca sul computer collocato all’interno del caveau e il sistema cercherà i materiali richiesti, li estrarrà dalle casse (vere proprie casseforti) deponendoli sul piano di lavoro, a disposizione del richiedente. Il tutto, naturalmente, sotto stretta sorveglianza da parte di una rete di telecamere e del personale addetto“. Oltre le testimonianze conservate nelle apposite cassettiere, vi sono poi manifesti stradali di formato più grande, oltre i 6 metri, che sono custoditi arrotolati dentro appositi contenitori tubolari.
Il primo manifesto, acquistato da Nando Salce nel 1895 quando aveva appena 18 anni, gli venne venduto da un attacchino comunale; realizzata da Giovanni Maria Mataloni, la locandina aveva come protagonista un’immagine abbastanza scabrosa per l’epoca e quindi particolarmente affascinante agli occhi di un giovane adolescente: una donna accovacciata, seminuda, solo leggermente celata da una gonna trasparente e utilizzata come modella per la pubblicità della Società Anonima Incandescenza a Gas brevetto Auer.
Da allora continuerà a raccogliere i capolavori dei più celebri cartellonisti del Novecento, che permettono di ripercorrere passo dopo passo l’età d’oro del cartellonismo d’artista e dove i protagonisti ci sono tutti, Jules Chéret, Leonetto Cappiello, Alfonse Mucha, Aleardo Villa, Marcello Dudovich, William Henry Bradley, un Umberto Boccioni prefuturista.