Giornalista vincitrice Nobel per la pace accusa i social network americani

Alziamoci e onoriamo i colleghi miei e di Maria Ressa, che hanno dato la vita per questa professione, con un minuto di silenzio, e diamo il nostro sostegno a coloro che subiscono persecuzioni”.

Sono state le parole del giornalista investigativo russo, Dimitry Muratov, durante la cerimonia di premiazione del Nobel per la pace, al Municipio di Oslo, vinto insieme alla reporter filippina Maria Ressa.

Ricevendo il premio, la giornalista  ha accusato i colossi tecnologici americani, ritenendoli  colpevoli  di aver lasciato che l’avidità alimentasse “fanghi tossici” sui social network.

Ressa, co-fondatrice del sito web di notizie Rappler che ha vinto il premio insieme al collega russo Dmitry Muratov, ha attaccato “le società di Internet americane” come Facebook, Twitter e YouTube, senza nominarle esplicitamente perché, secondo la vincitrice del Nobel,  hanno permesso a un virus di bugie di infettare ognuno di noi, mettendoci l’uno contro l’altro, facendo emergere le nostre paure, rabbia e odio, e ponendo le basi per l’ascesa di autoritari e dittatori in tutto il mondo”.

Il nostro più grande bisogno oggi è trasformare quell’odio e quella violenza, la melma tossica che scorre attraverso il nostro ecosistema di informazioni, la priorità delle società Internet americane che fanno più soldi diffondendo quell’odio e innescando il peggio in noi“, ha proseguito. “Ciò che accade sui social media non rimane sui social media. La violenza online è la violenza del mondo reale”, ha aggiunto. Ressa ha affermato che i fatti e la verità sono al centro della risoluzione delle maggiori sfide che la società deve affrontare oggi. “Senza fatti, non c’è verità. Senza verità, non c’è fiducia. Senza fiducia, non abbiamo realtà condivisa, nessuna democrazia, e diventa impossibile affrontare i problemi esistenziali del nostro mondo: clima, coronavirus, battaglia per la verità”.

Ressa, il cui sito web è molto critico nei confronti del Presidente  filippino Rodrigo Duterte, è oggetto di 7 cause legali nel suo paese che, secondo lei, rischiano di metterla in prigione per 100 anni. Attualmente si trova in libertà vigilata, in attesa di un appello dopo essere stata condannata per diffamazione lo scorso anno, ha dovuto chiedere a quattro tribunali il permesso di viaggiare e ritirare di persona il suo Nobel.

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