Nelle prime ore della mattinata personale della Squadra Mobile della Questura di Terni e del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Terni hanno dato esecuzione a cinque misure di custodia cautelare nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili del reato di usura, nonché ad un decreto di sequestro preventivo per equivalente per circa 600.000 euro operato su beni mobili ed immobili riconducibili agli stessi.
Tre degli arrestati, tra i quali figura una donna 65enne, sono residenti a Terni, mentre gli altri due, fratelli di 55 e 56 anni, sono residenti a Roma. Di questi, due sono stati tradotti in carcere, rispettivamente tra Roma e Terni, mentre i rimanenti sono stati posti agli arresti domiciliari.
L’intensa e prolungata attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Terni e culminata nel citato provvedimento emesso dal Giudice delle Indagini Preliminari, ha visto le due Forze di Polizia mettere a sistema le specifiche peculiarità operative per realizzare un’azione sinergica ed incisiva.
L’attività in argomento ha preso le mosse da un altro procedimento penale, sempre iscritto presso la locale A.G., nell’ambito del quale, il 10 febbraio 2020, la Squadra Mobile aveva arrestato, per il reato di usura e per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, un 49enne di origine romana ma residente a Terni, ed il successivo 12 febbraio, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Terni, sempre per il reato di usura, anche un 31enne ternano. Anche i predetti figurano tra i destinatari delle misure cautelari eseguite nella mattinata odierna, con il 49enne indagato anche per spaccio di stupefacenti.
Nel prosieguo delle indagini, sulla base delle risultanze emerse dalle attività tecniche, dalle escussioni testimoniali e dalla puntuale ricostruzione delle posizioni economiche e patrimoniali degli indagati, è stato delineato un circostanziato quadro indiziario a comprova dell’illecita attività usuraria posta in essere dal sodalizio criminale tra la provincia di Terni e la Capitale.
L’approccio operativo adottato dagli investigatori, in un perfetto connubio tra tecniche di polizia giudiziaria e sapiente utilizzo degli strumenti di analisi economico finanziaria, tra cui mirati accertamenti bancari e l’approfondimento di segnalazioni di operazioni sospette, ha permesso di disvelare un vorticoso flusso di denaro, complessivamente pari a circa 1,6 milioni di euro, che non ha trovato alcuna ragionevole giustificazione se rapportato ai profili economico-reddituali degli indagati.
Il meccanismo di usura accertato imponeva, anche attraverso il ricorso a minacce ed intimidazioni, il pagamento settimanale-mensile di una quota di interessi fissa oscillante tra il 10 ed il 20 % del capitale prestato sino a quando le vittime non avessero restituito, in un’unica soluzione, anche l’intero ammontare del prestito elargito (c.d. usura conto capitale) con il rischio, quindi, di non porre mai fine al soffocante rapporto di soggezione con i loro aguzzini.
Le indagini esperite hanno consentito di accertare, con assoluta puntualità, che tra versamenti in contanti, ricariche di carte prepagate, bonifici e versamenti di assegni bancari, le vittime, tra le quali figurano anche imprenditori locali, hanno visto “lievitare” la pretesa restitutoria del prestito iniziale di diverse decine di migliaia di euro con l’applicazione di interessi usurari calcolati in oltre il 60% del capitale sull’intero periodo superando di gran lunga la soglia stabilita dal Dipartimento del Tesoro fissata nel 16%.