Paese Italia: siamo quelli del volemose bene. Ma ognuno a casa propria

In questi lunghi sedici mesi, esattamente dal 21 febbraio 2020 quando nel nostro Paese si ebbe certezza che il maledetto Coronavirus era entrato nelle nostre vite, abbiamo dovuto fare i conti con la realtà. Una dura realtà. Quella dell’essere indifesi. 

Indifesi e deboli; deboli e impreparati; impreparati e inadeguati.

Siamo stati indifesi nel momento in cui abbiamo compreso che è bastata una nano particella di virus per fermare le nostre vite. Deboli perchè non abbiamo avuto la forza di affrontare quello che ci stava succedendo. Impreparati ad affrontare questa nuova vita che ci ha tolto la libertà. Inadeguati nel capire come anche noi avremmo potuto fare la nostra parte, ma che alla fine, in alcuni casi, abbiamo fatto più danni che altro.

Siamo essere umani, siamo persone che hanno bisogno degli altri, ma abbiamo bisogno anche di noi stessi. Abbiamo bisogno della convivialità, dell’amicizia, dell’amore e in alcuni casi anche di un rimprovero. Siamo carne, siamo sangue e aria, siamo cuore e testa, siamo amore e dolore. Vogliamo il rispetto e la lealtà. Crediamo nel prossimo ma ci fidiamo del sesto senso. Siamo tutto e siamo niente.

Una lunga serie di luoghi comuni, di belle parole e di “fuffa“. Perchè in realtà l’unica cosa che al giorno d’oggi ci importa è quello di poter puntare il dito. Sempre meglio poter guardare l’erba del vicino che ci sembra sempre più verde piuttosto che mettersi a curare il nostro giardino. E ci giustifichiamo sempre con le belle parole e i luoghi comuni. Ovvero con la “FUFFA“. Il nostro bel paese, che in miliardi ci invidiano, il nostro bel paese che in milioni hanno visitato e visiteranno,  il nostro bel paese è distrutto da noi stessi. Nel momento in cui una persona si sente il “diritto” di giudicare, accusare e condannare un’altro, beh lì abbiamo fallito tutti insieme.

Italia Paese di valori, ma solo economici e non umani

Viviamo un momento storico in cui milioni di persone in Italia sono discriminate, odiate, pestate, derise e uccise solo perchè non rientrano negli standard che, ovviamente, ognuno di noi crede siano giusti. Donne, Gay, Lesbiche, Trans, Disabili, Bisessuali, Atei, Islamici, Neri, Cinesi e tutti coloro che sono emigrati. La lista è ancora lunga, forse troppo. Ma il perchè è sempre quello: ci piace guardare di più l’erba del vicino che il nostro giardino che sta morendo. Ed è quello a cui si arriverà molto presto se continuiamo così. Moriremo dentro. Non ci sarà preghiera, Santo, Dio o legge che ci permetterà di resuscitare.

Quello che sta accadendo in questi mesi in merito alla comunità LGBTQ+ nel mondo e nel nostro paese, è un chiaro segnale di come qualcosa non stia funzionando bene, di come le persone non sono viste in quanto tali, ma come obiettivi per la critica, per l’attacco e per l’eliminazione.

Partiamo da coloro che dovrebbero essere i primi a utilizzare l’amore verso il prossimo come carta vincente, ma che spesso tradiscono queste aspettative e la loro stessa missione: lo Stato del Vaticano. Come ho ben raccontato per i 92 anni dalla nascita dello Stato della Città del Vaticano, per risolvere la questione del Papa che non usciva più di casa, si arrivò alla stesura del  famoso “Concordato”. Per essere poi ancora più chiari riporto molto volentieri quelli che sono i primi articoli della nostra “Costituzione” e che se sono stati scritti in testa alla Carta, vorrà dire che probabilmente hanno un’importanza, un significato ed un valore molto importanti.

Art.1: L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art.2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art.3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art.7: Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale. 

La legge non ammette ignoranza

Ecco partiamo proprio da questi quattro semplici articoli. Al giorno d’oggi a milioni di persone in Italia questi articoli sono vietati. Sì,  perchè ancora oggi sono tantissime le persone, donne, gay, lesbiche, trans, disabili, bisessuali, atei, islamici, neri, cinesi e tutti coloro che sono emigrati, che solo per la loro “catalogazione” non possono lavorare o aspirare a ruoli importanti, come invece è dichiarato nell’articolo uno. Ancora oggi, milioni di donne, gay, lesbiche, trans, disabili, bisessuali non sono minimamente tutelati, come invece recita l’articolo 2. Milioni di donne, gay, lesbiche, trans, disabili, bisessuali non ricevono  la rimozione degli ostacoli che l’articolo 3 elenca. Ma, soprattutto, continuiamo a vivere in un Paese che deve ancora chiedere il permesso allo Stato del Vaticano per poter andare avanti sbattendosene dell’articolo 7.

Viviamo in un mondo dove per poterci sentire tutelati debbano parlare personaggi pubblici che purtroppo per noi, non fanno le leggi. Viviamo in un paese dove, ringraziandoli sempre e per sempre, personaggi come Fedez, Chiara Ferragni, Mara Venier ed Elodie sono sempre pronti a usare le loro parole per aiutare chi è davvero in difficoltà. Siamo quel paese che “oh poverinƏ, è stato ammazzatƏ. Era così una brava persona. Però certe cose era meglio che le facesse a casa sua“. Siamo quel paese “chi fa l’uomo e chi fa la donna?” “sei una donna con le palle“. 

Ovviamente siamo quel paese che accetta: “Amerai il prossimo tuo come te stesso, ma cambiate la legge perchè viola il concordato“, ma non accetta che, con la sentenza n. 4645 dell’8 marzo 2004, la Cassazione, chiamata a pronunciarsi sull’uso quale casa di cura e pensionato di alcuni immobili di proprietà dell’Istituto Religioso del Sacro Cuore, ribadì autorevolmente che, trattandosi di attività «oggettivamente commerciali», gli immobili oggetto del contenzioso non potevano rientrare nell’ambito dell’esenzione. Nel quadro del Decreto Fiscale collegato alla Legge Finanziaria 2006, il Parlamento decise di andare contro la sentenza della Corte di Cassazione ed estese l’esenzione Ici anche agli immobili di proprietà ecclesiastica adibiti a scopi commerciali.

Il decreto legge n. 223/2006 successivamente eliminò l’esenzione totale, stabilendo che la stessa «si intende applicabile alle attività che non abbiano esclusivamente natura commerciale»: in pratica, era sufficiente che all’interno dell’immobile destinato ad attività commerciale si mantenesse anche solo una piccola struttura destinata ad attività religiose per garantire l’esenzione dall’Ici all’intero edificio” che non piacque alla Commissione Europea che, a sua volta, aprì un’inchiesta contro il Governo italiano per sospetti “aiuti di Stato” alla Città del Vaticano e per violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza, inchiesta terminata nel 2016 con un nulla di fatto, facendo risparmiare alle casse dello Stato del Vaticano  tra i 4 e i 5 miliardi di euro.

È vero che il Cardinale Parolin a Vatican News ha dichiarato “Non è stato in alcun modo chiesto di bloccare la legge ma è anche vero che il testo della “nota verbale” datata 17 giugno sembra indicare altro. Su questo lasciamo libera interpretazione di chi legge.

 

Viviamo in un’epoca dove la più grande società maschilista e per usare un termine “calcistico” fallocentrica come l’UEFA, in un momento in cui dovrebbe e non potrebbe, grazie al suo potere mediatico, essere vicina ad una realtà discriminata come quella della comunità LGBTQ+ ungherese, rispetto ad una semplice illuminazione arcobaleno, risponde con un veto asserendo che “La Uefa per i suoi statuti è un’organizzazione politicamente e religiosamente neutrale e visto il contesto politico di questa specifica richiesta, siamo costretti a declinare“. Cara UEFA qui non stiamo parlando di dire si o no all’utilizzo di tanga e perizomi ai calciatori per allietare gli sguardi. Parliamo della violazione dei diritti umani e cavolo se devi schierarti.

Il Paese fallocentrico

Siamo un Paese che non si schiera, proprio come l’UEFA, ma ci giriamo intorno. “Mi preme ricordare che il nostro è uno stato laico, non è confessionale, quindi il parlamento ha tutto il diritto di discutere e legiferare. Il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per verificare che le nostre leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato con la Chiesa. La laicità non è indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso. La laicità è tutela del pluralismo e delle diversità culturali. Ieri l’Italia ha sottoscritto con 16 Paesi europei in cui si esprime preoccupazione per gli articoli di legge in Ungheria in base a cui si discrimina l’orientamento sessuale” ha dichiarato ieri in Senato il Premier Mario Draghi, senza mai  nominare il DDL Zan.

Viviamo in un’epoca dove una donna, come sempre, che si chiama Ursula von der Leyen fa capire che non serve essere di sesso maschile  per affrontare certi temi e risolverli e precisa: “Userò tutti i poteri della Commissione per fare in modo che i diritti di tutti i cittadini europei siano garantiti per chiunque e ovunque, perchè la legge ungherese anti-LGBTQ+ è una vergogna“.

Però sono onesto, devo dire che viviamo anche in un mondo dove “Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione” e di questo devo dire grazie ad una donna che non avrei mai pensato di ringraziare in vita mia. Grazie Alessandra Mussolini. L’ex eurodeputata si è schierata in favore del DDL Zan, contro le discriminazioni, per le adozioni da parte di coppie omosessuali e il suo nuovo slogan è “cambiare significa essere liberi“. In più ha dichiarato in un’intervista: “Oggi più che mai bisogna combattere tutti assieme le tante discriminazioni che, purtroppo, esistono ancora; dicono che limita la libertà di espressione? Sono dell’idea che, in questo caso specifico, la mia libertà finisce dove comincia quella degli altri. Se un giorno mio figlio o mia figlia mi dicesse di essere gay? Per me conta, oggi più che mai, solo ed esclusivamente la loro felicità“.

Voglio e non desidero

Voglio e non desidero, essere libero. Voglio e non desidero ricevere commenti sul mio operato e sul fatto che amo chi voglio. Voglio e non desidero che chiunque, quando cammina in strada,  debba necessariamente  guardarsi le spalle per paura di essere colpito. Voglio e non desidero un Paese che mi faccia dire “questa è casa mia“. Un paese di cui, attualmente, non sento partecipe. Alessandro Zan continuiamo a sperare in te. Siamo in tanti e tu ci rappresenti a pieno. Grazie.

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