Il tribunale della Polonia ha emesso una sentenza che impone un divieto, quasi totale, dell’aborto che entrerà in vigore da oggi. A rendere nota lo notizia è il Governo polacco stesso, in un annuncio.
“La sentenza sarà pubblicata oggi sul Journal of Laws“, ha affermato su Twitter il centro informazioni del Governo.
Le proteste in Polonia
Ormai è da novembre che i cittadini manifestano in massa per protestare contro il divieto dell’aborto.
In Polonia il dibattito sull’interruzione di gravidanza affonda le sue radici nell’epoca comunista. A partire dal 1993 la Polonia, un paese estremamente cattolico, ha autorizzato l’aborto solo in tre casi. Quando la salute della donna è in pericolo, quando si verifica uno stupro e quando il feto presenta malformazioni. Queste restrizioni limitano il numero di aborti legali a circa un migliaio all’anno, contro circa 150mila interruzioni di gravidanze, da quanto riportano le stime, effettuate clandestinamente o all’estero.
“Noi abbiamo il diritto di protestare”, hanno scandito le donne in piazza, durane le manifestazioni che, non a caso, si sono svolte il 28 novembre 2020, durante il 102esimo anniversario della concessione del diritto di voto alle donne in Polonia.
Ritornano i manifesti Pro-life
Intanto nel nostro Paese, da alcuni giorno, sono ritornati i manifesti ProVita. Stavolta sui camion-vela che riportano messaggi forti contro la legge che consente l’interruzione di gravidanza. Da quanto si può leggere in una nota della Onlus Pro-life: “Con questi cartelloni si vuole mandare un messaggio chiaro: non esiste il diritto di uccidere una persona umana”.
Iniziativa che non è piaciuta per nulla a Marta Bonafoni, capogruppo della lista Zingaretti alla Regione Lazio, che ha commentato: “Riecco le offese sul corpo delle donne. Roma si è svegliata invasa da vele mobili che pubblicizzano l’ennesima campagna contro l’aborto sempre della stessa associazione. Affissioni inconcepibili, come il manifesto che tante e giuste polemiche aveva destato a dicembre, perché non solo esplicano ancora una volta violenza sul corpo delle donne ma perché contengono messaggi fuorvianti”.