Il primo “sì” in Italia al suicidio assistito

Il primo sì in Italia per il suicidio assistito. Il paziente tetraplegico Mario (nome di fantasia) è immobilizzato da 10 anni e oggi ha ottenuto il parere positivo del Comitato etico.

Le prime parole dell’uomo sono state: “Mi sento più leggero. Mi sento svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni”. Il paziente aveva già un anno fa richiesto di poter analizzare la sua situazione per poter accedere, in maniera legale, a un farmaco letale per poter porre fine alle sue sofferenze.


Il co-difensore di Mario e segretario dell’Associazione Luca Coscioni, Filomena Gallo, ha spiegato: “Il comitato etico ha esaminato la relazione dei medici che nelle scorse settimane hanno attestato la presenza delle 4 condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale nella sentenza Cappato-Dj Fabo: Mario è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; è affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; e non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda. E’ molto grave che ci sia voluto tanto tempo ma finalmente per la prima volta in Italia un Comitato etico ha confermato per una persona malata, l’esistenza delle condizioni per il suicidio assistito”.

Ma qual è la storia del suicidio assistito?

Il termine eutanasia deriva dal greco eu-thanatos e vuol dire ‘buona morte’. Ulteriore descrizione la fornisce la Federazione Cure Palliative che la spiega come ‘uccisione di un soggetto consenziente in grado di esprime la volontà di morire’. Il suicidio assistito, nell’antica Grecia, era particolarmente rispettato e la pratica era stata utilizzata fino all’avvento del cristianesimo.

La Chiesa cattolica ha sempre sostenuto, infatti, che la vita debba essere difesa a tutti i costi fino alla morte naturale. “L’eutanasia volontaria è un omicidio, è contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore”. 

È nei primi del Novecento che la società ritorna a parlare di eutanasia. Le prime associazioni nacquero negli anni ’30 dagli anglosassoni, ma negli anni ne seguirono diverse anche in altri Paesi. Il loro scopo era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica e allo stesso tempo riconoscere il diritto di un malato terminale.

 

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