Rimosso da un robot, tumore da rene a cuore su una paziente di 83 anni

A Milano è stato eseguito un intervento chirurgico, durato nove ore, per rimuovere un tumore esteso dal rene al cuore. La rimozione è avvenuta tramite un robot.  Si tratta della prima operazione al mondo, quella effettuata all’Ospedale Niguarda, da parte di un’equipe di urologi e cardiochirurghi su una paziente di 83 anni mediante robot e una cannula aspirante – inserita dalla giugulare fino al cuore.

Attraverso il robot, è stata evitata la cosiddetta “chirurgia open“, una modalità pericolosa, in questo caso, per via della fragilità e l’età della paziente. Un team di urologi e cardiochirurghi ha rimosso il  tumore al rene, esteso fino al cuore e lungo oltre 20 centimetri, su una paziente di 83 anni, attraverso una chirurgia “senza cicatrici”, cioè senza aprire addome e torace.

Il tutto, grazie all’uso combinato di un robot e di una cannula aspira-tumore, inserita da una vena del collo. Si tratta della prima volta al mondo che si tenta un intervento del genere, come ha precisato la stessa Struttura ospedaliera in un comunicato  diffuso online.

L’obiettivo riferisce il comunicato rilasciato dall’Ospedale,  è stato quello di rimuovere il  “tumore renale che dalla vena renale, aveva infiltrato completamente la vena cava per risalire fino all’atrio destro del cuore, senza ricorrere alla ‘chirurgia open’ vista l’età e le condizioni di fragilità della paziente”. In tutto, l’operazione è durata 9 ore. “Vista l’età avanzata e le condizioni della paziente, che a causa di una malattia coronarica aveva da poco subito l’impianto di due stent cardiaci, abbiamo optato per una procedura mininvasiva senza incisioni addominali e senza apertura dello sterno, ha sottolineato Aldo Bocciardi, Direttore del Reparto di Urologia del nosocomio milanese. “Per farlo siamo ricorsi all’utilizzo del robot chirurgico, usato per rimuovere il rene, sede del tumore. Le speciali pinze del robot, infatti, sono state inserite dai chirurghi tramite delle micro-incisioni addominali, utilizzate anche per rimuovere l’infiltrato neoplastico che raggiungeva il cuore. Questa fase è stata possibile solo dopo che gli specialisti, grazie alla cannula aspirante, avevano rimosso parte dell’infiltrazione cardiaca per poi spingere la parte rimanente nell’addome dove gli urologi con il robot sono stati in grado di agganciarla e asportarla completamente”.

Le difficoltà dell’operazione

A spiegare i risvolti dell’intervento anche il cardiochirurgo Giuseppe Bruschi, primo operatore per la parte cardiochirurgica  della procedura. “Una delle difficoltà più grandi ha riguardato l’estensione dell’infiltrazione che attraversava un collo di bottiglia anatomico rappresentato dal diaframma”, ha detto. Per questo motivo l’equipe ha dovuto “ideare questo doppio approccio dall’addome col robot e con l’aspiratore innestato a livello del collo in modo da poter rimuovere interamente il rene e l’infiltrato neoplastico”. Come riferito dall’urologo Antonio Galfano, “una fase molto delicata dell’intervento ha riguardato la derotazione del fegato, eseguita con il robot. Con questa manovra l’organo è stato spostato temporaneamente dalla sua sede naturale per permettere il passaggio degli strumenti chirurgici endoscopici per l’asportazione del trombo”.

 

 

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