Se il cambio è troppo forte, la terapia non è certamente indolore

Probabilmente, dopo l’adozione dell’Euro nei 19 Paesi dell’Unione Europea che vi aderiscono, a livello di opinione pubblica il tema del tasso di cambio non suscita particolari emozioni. A differenza di quanto avveniva precedentemente con le rispettive valute nazionali.

Se ne ha conferma, allargando, l’analisi ad altri Paesi extra Ue, dove questo aspetto suscita considerazioni pressoché quotidianamente. L’attenzione viene attirata da due casi che si pongono all’estremo opposto per la relativa debolezza, o la forza della propria moneta, quello della lira Turca e l’altro del franco svizzero.

Soffermandosi sul secondo, i dati resi recentemente noti dalla Banca Centrale di quel Paese, la BNS, mostrano senza ombra di dubbio il ruolo cruciale giocato dalla Svizzera durante questo periodo di crisi economica da Pandemia da Covid ’19. Infatti, nella percezione dei mercati il Paese transalpino ha ancora una volta riaffermato il proprio ruolo di zona finanziaria ad alto gradimento dei risparmiatori/investitori. L’attrazione esercitata verso i capitali stranieri in cerca di un’adeguata allocazione è, così, aumentata in modo marcato, nonostante la politica di tassi negativi adottata dalla BNS (per inciso, il principale tasso di riferimento viaggia in territorio negativo: – 0,75%).

Il rafforzamento del franco svizzero rispetto alle altre valute non poteva, certamente, lasciare indifferenti le autorità monetarie, anche e soprattutto, per scongiurare gli inevitabili riflessi in negativo sull’andamento dell’export e sugli equilibri della bilancia commerciale del Paese.

Dal bilancio della BNS emerge, infatti, che lo scorso anno la Banca Centrale è dovuta intervenire comprando valute estere per un ammontare complessivo di 110 miliardi di franchi svizzeri, circa 100 miliardi di euro. Complessivamente, la voce  “investimenti in valute estere” si è situata nel bilancio della BNS del 2020 a 910 miliardi di franchi svizzeri, contro i 794 dell’anno precedente.

Nel recente passato gli interventi della BNS erano stati sensibilmente inferiori. Guardando al triennio 2017-19, si va dai 13 miliardi di franchi svizzeri del 2019 ai 48 del 208, passando per gli appena 2 del 2018.

E’ probabile che per l’anno in corso, perdurando la crisi pandemica, il fenomeno dell’attrazione verso la Svizzera, benché attenuato, sia destinato a continuare a manifestarsi, riproponendo, pertanto, all’attenzione delle autorità monetarie il tema del livello ottimale di cambio della propria moneta per lo sviluppo economico del Paese.

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