Sembrerebbe che Shabbar Abbas, il padre di Saman, avrebbe detto al giudice che la figlia è viva, durante l’udienza che si è tenuta a Islamabad. Shabbar è accusato dalla Procura di Reggio Emilia, diretta dal Procuratore Gaetano Calogero Paci e dai Carabinieri di omicidio, sequestro di persona e soppressione di cadavere in concorso con altri quattro familiari.
L’avvocato di Shabbar ne ha chiesto l’estradizione.
La circostanza che la figlia sia viva viene smentita da un’intercettazione, agli atti dell’inchiesta, tra Shabbar e un parente. L’uomo, in quel momento già latitante in Pakistan dopo la morte della figlia, al telefono è infuriato e dice: “Se qualcuno parla ancora male di me non vi lascio stare a nessuno. Ho lasciato mio figlio lì, ho ucciso mia figlia, non mi importa di nessuno”.
L’avvocato Riziero Angeletti, parte civile nel processo in rappresentanza dell’Ucoii, sostiene che l’intercettazione “a mio parere, denota due aspetti fondamentali. Il primo è l’incuranza e la sottomissione fisica di chi genera il delitto di riduzione in schiavitù, presente nella mente di certe persone. Il secondo aspetto riguarda la prova provata, se ancora ce ne fosse bisogno, della responsabiltà del padre in questa vicenda”
Per l’omicidio della ragazza sono a processo, con prima udienza fissata il 10 febbraio, il padre Shabbar Abbas, arrestato in Pakistan, la madre Nazia Shaheen, latitante, lo zio Danish Hasnain e i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, in carcere in Italia.
Alla perizia tecnica potranno partecipare anche le parti civili: l’associazione Penelope (avvocato Barbara Iannuccelli), l’Ucoii (avvocato Riziero Angeletti), il Comune di Novellara (avvocato Nicola Termanini), l’Unione Comuni della bassa reggiana e il tutore del fratello minore di Saman (avvocato Valeria Miari).