strage di capaci

Strage di Capaci: 31 anni che sembrano ieri

Capaci, 23 maggio 1992 ore 17:57. L’auto del Giudice Givanni Falcone e della scorta vengono fatti saltare in aria dalla mafia e da Cosa Nostra. Un attentato che ha segnato per sempre l’Italia intera. La Strage di Capaci.

Gli attentatori fecero esplodere con un ordigno utilizzato per scopi bellici nascondendolo in un tratto dell’autostrada A29 che collega  l’Aeroporto di  Punta Raisi a Palermo, mentre vi stava transitando il corteo della scorta con a bordo il giudice, la moglie e gli agenti di Polizia, sistemati in tre Fiat Croma blindate.

Oltre al Giudice Giovanni Falcone, deceduto pochi minuti dopo il suo arrivo in ambulanza  all’Ospedale Civico di Palermo, nell’attentato persero la vita altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato e gli agenti della scorta  Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Vi furono 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza.

I particolari sull’arrivo del giudice in Sicilia sarebbero dovuti essere coperti dal più rigoroso riserbo, indicativo del clima di paura e di sospetto che si viveva nel Paese.  A bordo del volo  di Stato che riportava Falcone e la moglie a Palermo avevano trovato posto  diversi “grandi elettori”, deputati, senatori e delegati regionali siciliani, reduci dagli scrutini di Montecitorio per l’elezione del Capo dello Stato, prolungatisi fino a quel sabato mattina.

L’auto, come spesso accadeva per scelta del giudice, guidata da Falcone e quelle della scorta lasciarono l’aeroporto imboccando l’autostrada in direzione Palermo. La situazione del traffico sembrava essere tranquilla, tanto che non vennero attivate neppure le sirene. Su una strada parallela, una macchina si affiancò viaggiando leggermente in anticipo rifletto le  tre Croma blindate, per darne segnalazione ai killer in agguato sulle alture sovrastanti il litorale; sono gli ultimi secondi prima della strage.

Otto minuti dopo, alle ore 17.57, presso il chilometro 5 della A29, una carica di cinque quintali di semtex, un esplosivo al plastico di brevetto cecoslovacco, posizionata in un tunnel scavato sotto la sede stradale nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, venne  azionata con un telecomando da Giovanni Brusca, il sicario incaricato da Totò Riina. Pochissimi istanti prima della detonazione, Falcone si era accorto che le chiavi di casa erano nel mazzo assieme alle chiavi della macchina e le aveva tolte dal cruscotto, provocando un rallentamento improvviso del mezzo. Brusca, rimasto spiazzato, preme il pulsante in ritardo, sicché l’esplosione investe in pieno solo La Croma marrone, prima auto del gruppo, scaraventandone i resti oltre la carreggiata opposta di marcia, sin su un piano di alberi; i tre agenti di scorta muoiono sul colpo.

La seconda auto, la Croma bianca guidata dal giudice, si schianta invece contro il muro di cemento e detriti improvvisamente innalzatosi per via dello scoppio. Falcone e la moglie, che non indossano le cinture di sicurezza, vengono proiettati violentemente contro il parabrezza. Falcone, che riporta ferite solo in apparenza non gravi, muore dopo il trasporto in ospedale a causa di emorragie interne. Rimangono feriti gli agenti della terza auto, la Croma azzurra, e si salvano miracolosamente anche un’altra ventina di persone che al momento dell’attentato si trovano a transitare con le proprie autovetture sul luogo dell’eccidio.

La detonazione provoca un’esplosione immane e una voragine enorme sulla strada. In un’atmosfera surreale e di iniziale disorientamento, altri automobilisti e abitanti dalle villette vicine dettero l’allarme alle autorità e cercarono di prestare  i primi soccorsi tra la strada sventrata e una coltre di polvere.

Circa venti minuti dopo, Giovanni Falcone, ancora in vita, venne trasportato sotto stretta scorta di un corteo di vetture e di un elicottero dell’Arma dei Carabinieri, presso l’ospedale Civico di Palermo. Gli altri agenti e i civili coinvolti vengono anch’essi trasportati in ospedale mentre la Polizia Scientifica esegui’  i primi rilievi e i Vigili del Fuoco espletarono il triste compito di estrarre i corpi irriconoscibili di Schifani, Montinaro e Di Cillo.

Il Sindacato autonomo di Polizia sin dal 1992, all’indomani dalla strage di Capaci e di quella di via D’Amelio, ha dato vita al “Memorial day” per ricordare le vittime della mafia, del terrorismo, del dovere e di ogni forma di criminalità e per commemorare non solo i servitori dello Stato morti nel compimento del proprio dovere e del proprio lavoro, ma anche i giornalisti, i politici, i religiosi e i semplici cittadini che hanno pagato il loro impegno profuso a favore della collettività con il sacrificio della propria vita.

Dal 1993, il Sindacato autonomo di Polizia  organizza nel mese di maggio, una serie di manifestazioni su tutto il territorio nazionale, perché profondamente convinto che mantenere viva la memoria del passato sia l’unico modo per immaginare e realizzare un futuro migliore per il nostro paese e per la comunità che proteggiamo ogni giorno.

In questo giorno della memoria saranno, infatti,  tantissimi gli appuntamenti, con centinaia di studenti coinvolti, con manifestazioni in tutta Palermo, con le forze dell’ordine mobilitate, ma, soprattutto, con varie iniziative inserite nel calendario del 23 maggio, spesso  in orari che ricordano la strage del 1992.

La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, visto l’impegno nel Consiglio dei Ministri per fronteggiare l’emergenza delle popolazioni alluvionate dell’Emilia Romagna, si collegerà con un video messaggio durante la cerimonia all’aula bunker di Palermo.

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