Tarcisio Burgnich detto Tarcio Roccia è morto nella notte

È morto a 82 anni Tarcisio Burgnich. L’ex difensore di Udinese, Juventus, Palermo, Inter e Napoli è scomparso nella notte dopo una lunga malattia, a Forte dei Marmi (Lucca), dove era stato trasferito. ‘Tarcio Roccia’, questo il suo soprannome, è stato tra i protagonisti della Grande Inter di Helenio Herrera. In nerazzurro – indossato dal 1962 al 1974 – ha vinto quattro scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Ha vinto anche un campionato con la Juve e una Coppa Italia con il Napoli. Con la Nazionale invece campione d’Europa nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970.

La storia di Tarcio Roccia

Lo chiamavano la ‘roccia’. Era stato Armando Picchi ad attribuirgli quel nomignolo. E’ stato uno dei migliori difensori della storia del calcio italiano, insuperabile ma mai davvero cattivo. Umile nello sport e nella vita, tuttavia scaltro e quando serviva furbissimo, Burgnich ha fatto suoi gli insegnamenti del primo allenatore a Udine, Comuzzi: con un occhio e mezzo guarda l’uomo, con l’altro mezzo occhio il pallone.  In campo era un carabiniere, non gli sfuggiva nulla.

Esordì nell’Udinese, ventenne. Giocò stopper e terzino, una vita in difesa, metteva pezze nei varchi lasciati dai compagni, soprattutto metteva sempre la gamba. Ai mondiali del 1970 tentò di fermare Pelè “ma non potevo riuscirci -dirà poi lui- perché in realtà stavo appena arrivando a marcarlo e non ero ancora in posizione, perché Valcareggi aveva cambiato le marcature in corsa”.

Con la Nazionale fu campione d’Europa nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970. In carriera, l’attaccante che lo mise più in difficoltà Ezio Pascutti del Bologna, e poi lo jugoslavo Dragan Dzajic, li odiava entrambi calcisticamente, gli sfuggivano come anguille. Burgnich giocò con tante squadre, l’esordio con la sua Udinese nel 1958, un anno da meteora nella Juventus, poi un altro anno al Palermo.

Dodici stagioni con l’Inter dal 1962 al 1974, l’incontro con Helenio Herrera, personaggio che lui adorava: “stare con lui era come essere su un’astronave. Era sempre un passo avanti. Uomo sobrio, serio, era stato povero, ci esortava a non buttare via i soldi che guadagnavamo, ci insegnò a fare yoga per concentrarci”. Con i nerazzurri vinse 4 scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Ci restò male quando a un certo punto lo considerarono vecchio, finì al Napoli e sfiorò lo scudetto nel 1975.

La carriera da allenatore

Poi la carriera da allenatore, è stato sulla panchina di molte squadre, l’ultima volta nel 2001 con il Pescara. Burgnich è uno dei monumenti del calcio italiano. Una carriera costruita con una vita da difensore roccioso, corretto e leale, ma anche con una grande serietà nella vita.

Il Presidente della FIGC Gabriele Gravina:“Alla vigilia dell’Europeo ci lascia un grande campione d’Europa. La sua morte è l’ennesima ferita inferta al cuore dei tifosi azzurri e di tutti gli appassionati di calcio. Con la sua forza e la sua determinazione ha scritto bellissime pagine di storia del calcio italiano”.

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