Violenze allevamenti pesci nel Trevigiano. Le immagini choc

L’associazione Essere Animali diffonde oggi immagini choc che mostrano terribili violenze e irregolarità in un allevamento di trote, storioni e anguille situato nella provincia di Treviso. I filmati, girati da un ex dipendente, mostrano pratiche di abbattimento irregolari e veterinari che, secondo quanto dichiarato dal responsabile di produzione, ometterebbero di contestare alcune pratiche illecite e avviserebbero l’azienda prima di procedere con i controlli.
Le sofferenze e le violenze nei confronti degli animali documentate all’interno dell’allevamento sono molteplici, a partire dalla fase di scarico fino a quella di abbattimento. I pesci vengono gettati direttamente dal serbatoio del camion alle vasche di stoccaggio senza l’utilizzo di scivoli o sistemi di pompaggio, ad altissima velocità e da un’altezza elevata: questo provoca non solo stress acuto, ma anche il rischio di gravi lesioni, tanto che sono stati addirittura osservati alcuni animali spezzati a metà.

Durante le fasi di pescaggio, i pesci che cadono a terra vengono agganciati alla bocca con un ferro con estremità a uncino e scaraventati nei cestelli. Qui sbattono violentemente tra loro o contro le pareti in metallo, con gravi sofferenze, come testimonia la presenza di sangue sulla pelle degli animali, nell’acqua o per terra. In altri casi gli operatori utilizzano le mani o i piedi per afferrare o calciare gli animali. Il tasso di mortalità all’interno dell’allevamento è molto alto e molti animali presentano ferite profonde, infezioni, parassiti o sono addirittura privi di alcune parti del corpo.

Gli abbattimenti sono particolarmente problematici: uno storione ancora cosciente viene sbattuto violentemente a terra da un operatore e in alcuni casi gli addetti posizionano i morsetti dei cavi elettrici direttamente sulle branchie degli animali, una parte del corpo particolarmente sensibile. Fatto ancora più grave, il responsabile di produzione spiega che circa l’80% delle trote allevate nello stabilimento non vengono stordite secondo le raccomandazioni della Commissione Europea tramite corrente elettrica, ma uccise per asfissia. Questa scelta è dettata dalla volontà di evitare la formazione di macchie di sangue sui filetti, cosa che si verifica quando i parametri elettrici impiegati non sono appropriati, con conseguenze negative sull’estetica e quindi sulla capacità di vendere la carne.

Anche nei casi in cui la corrente elettrica viene usata, le immagini mostrano l’utilizzo di pratiche inadeguate: gli animali sono tenuti fuori dall’acqua e questo ostacola la circolazione uniforme della scarica elettrica tra i pesci, rendendo così impossibile uno stordimento immediato e adeguato per tutti. Inoltre, non essendoci acqua nei contenitori, i pesci che si trovano in cima schiacciano con il loro peso quelli sottostanti.

Secondo le affermazioni rese dal responsabile di produzione, i veterinari addetti alle ispezioni presso l’azienda sarebbero a conoscenza del mancato uso di corrente elettrica nelle fasi di abbattimento delle trote destinate a essere vendute come filetto. Come se non bastasse, l’azienda sarebbe avvertita anticipatamente dei controlli dell’ASL presso l’allevamento e il macello e agirebbe di conseguenza per evitare o nascondere eventuali irregolarità durante le ispezioni. L’allevamento è stato denunciato dall’associazione per maltrattamento di animali (art. 544 ter c.p.), abbandono di animali (art. 727, comma 2 c.p.), varie violazioni in materia di lavoro e ipotesi di reato in materia ambientale.

Come afferma la stessa Associazione Piscicoltori Italiani (API), l’acquacoltura è uno dei settori per la produzione di proteine a più rapida crescita e l’UE è il quinto produttore ittico a livello mondiale. Questo significa che i consumatori italiani hanno molte più probabilità rispetto al passato di acquistare pesci allevati, piuttosto che pescati in mare aperto, e che addirittura possano orientarsi verso prodotti provenienti da “acquacoltura sostenibile”, un’etichetta sviluppata nel 2020 dal Ministero dell’agricoltura, API e dai produttori di molluschi (AMA), che tuttavia non presenta criteri chiari per eliminare le principali cause di sofferenza per i pesci negli allevamenti.

«L’etichettatura “acquacoltura sostenibile” non garantisce che ciò che è stato documentato all’interno dell’allevamento ittico di cui oggi diffondiamo le immagini non avvenga, così come chiaramente i controlli non garantiscono il rispetto delle normative e delle buone pratiche. Questo perché né da parte delle indicazioni del Ministero della Salute né all’interno del disciplinare vi è l’obbligo di stordimento efficace prima dell’abbattimento, in modo da evitare dolore e sofferenze prolungate per gli animali. Animali che, ricordiamo, sono considerati esseri senzienti anche dalla World Organisation for Animal Health, l’organizzazione mondiale per la sanità animale. Per questo motivo Essere Animali ha lanciato la campagna “Etichettatura INsostenibile”, con la quale chiede che vengano integrati alcuni cambiamenti indispensabili per affrontare in maniera trasparente e chiara le criticità più rilevanti per questi animali e che il Ministero della Salute inizi a lavorare attivamente per la tutela del benessere dei pesci, perché il concetto di sostenibilità non può prescindere da quello di benessere animale», dichiara Chiara Caprio, responsabile relazioni istituzionali di Essere Animali.

(foto da EssereAnimali)

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