Il viaggio di Zelensky in Italia, uno dei tre paesi europei che fanno parte del G7 insieme a Germania e Francia, e tra i più legati all’Alleanza Atlantica, ha avuto certamente lo scopo sia di ottenere pubblicamente la conferma dell’appoggio indiscriminato del nostro Paese, prima dell’imponente controffensiva che l’Ucraina sta preparando nei confronti della Russia, sia di riaffermare in modo inequivocabile la sovranità della Repubblica Ucraina nei confronti dell’aggressore russo, che il 24 febbraio dell’anno scorso ha invaso i territori del Donbass con l’intento di riappropriarsi anche di quello della Crimea.
Zelensky ha ottenuto il risultato: ha, infatti, raccolto l’impegno militare e umanitario dell’Italia nel sostenere la difesa del popolo ucraino dall’invasore russo, sia in occasione dell’incontro con il Presidente Mattarella, che ha ribadito al leader ucraino il totale sostegno dell’Italia al suo Paese, sia nell’incontro con la Premier Meloni, che ha sottolineato come l’Italia sia schierata militarmente e umanitariamente al fianco dell’Ucraina, ribadendo la decisa condanna dell’invasione russa. Meloni ha ulteriormente confermato che l’unica via percorribile per ottenere la pace non è una resa ma una pace giusta, che si potrà ottenere solo con il ritiro delle truppe russe dai territori brutalmente devastati e occupati.
Nell’incontro in Vaticano, attesissimo dopo l’annuncio di Papa Francesco di una missione segreta di pace che la Chiesa Cattolica avrebbe intrapreso come mediatrice tra l’Ucraina e la Russia, Zelensky ha ribadito che “con tutto il rispetto per la figura del Papa, l’Ucraina non ha bisogno di mediatori perché la guerra è in Ucraina e la pace va risolta tra i due contendenti”. Papa Francesco ha promesso al Presidente ucraini l’impegno della Chiesa Cattolica e del Vaticano nel fare tutto il possibile perché la Russia restituisca gli oltre 19.000 minori rapiti dalle truppe dell’esercito russo e il Papa ha anche confermato l’impegno del Vaticano per portare avanti la trattativa sullo scambio reciproco tra Russia e Ucraina dei prigionieri.
Nulla di fatto, invece, per quanto riguarda la presunta missione segreta di pace annunciata dal Papa, ma che, in verità, era stata smentita sin dall’inizio sia dalle Autorita’ sia ucraine che russe e che, come ha riferito in un’intervista la Presidente della dell’Istituto Affari Internazionali, Nathalie Tocci, non è mai stata oggetto di credito internazionale e che non è mai stata presa in considerazione dalla comunità internazionale l’ipotesi di un’azione diplomatica del Vaticano, aldilà delle finalità umanitarie espresse e discusse ieri anche nell’incontro con Zelensky.
Oggi il leader ucraino sarà in Germania e parlerà con le Autorità tedesche che hanno recentemente fornito alla Repubblica Ucraina un pesante carico di armi e munizioni in vista dell’imminente attività di controffensiva che il Presidente ucraino ha precisato che sarà opportunamente annunciata nel momento più opportuno.
Nella trasmissione di Raiuno condotta da Bruno Vespa alla presenza dei Direttori delle principali testate televisive e dei quotidiani nazionali, Zelensky ha ribadito di non aver nessuna intenzione di trattare o parlare con Putin, che ha accusato di essere colpevole di esporre il popolo russo ad una sconfitta quasi certa con l’aggravante della perdita di centinaia di migliaia di vite umane e di aver perso credibilità e appoggio da parte degli oligarchi russi su cui avrebbe potuto contare per sostenere la guerra. Zelensky ha ribadito che si sta preparando l’offensiva Ucraina che porterà certamente alla vittoria di quest’ultima sull’aggressore russo.
Dunque, la guerra tra Russia e Ucraina sembra avere tempi ancora molto lunghi dai risvolti molto incerti e lo scontro, per il momento e per fortuna solo diplomatico, tra l’Europa e la Russia costituisce certamente una seria minaccia per il nostro continente, per il nostro paese e per la pace mondiale, tenuto conto che dietro Vladimir Putin c’è sempre l’ombra vigile della Cina che ha una partita aperta proprio con la Nato sulla questione di Taiwan e anche dopo la decisione degli Stati Uniti di aprire un ufficio di rappresentanza dell’Alleanza Atlantica proprio nel piccolo ma ricchissimo e strategico Stato reclamato, come proprio territorio, dalla Repubblica cinese.