Chiara Tramontano in aula: “Mi diceva che acqua odorava di candeggina”

Quarta udienza a Milano del processo per l’omicidio di Giulia Tramontano. Oggi in aula, la sorella Chiara.

Mia sorella diceva che l’acqua che assumeva aveva uno strano odore di candeggina, beveva tantissime tisane ma non le davano sollievo. Tutto quello che mangiava aveva iniziato ad assumere un sapore strano”, ha detto. Secondo l’accusa, rappresentata dalle Pm milanesi Letizia Mannella e Alessia Menegazzo, l’imputato avrebbe avvelenato per mesi la giovane incinta del piccolo Thiago.

La sorella racconta dell’ultimo Natale trascorso in famiglia e dei “fortissimi dolori allo stomaco, lei stava malissimo, soffriva terribilmente, aveva la borsa dell’acqua calda sempre con sé, il dolore di stomaco la stava spegnendo” aggiunge.

Chiara sulla gravidanza: “il bambino non era gradito”

Chiara ha ripercorso gli ultimi mesi della sorella, a partire dalla notizia dell’arrivo del piccolo Thiago, la decisione di abortire, la difficoltà di accettare la decisione. “A inizio dicembre ricevo una foto di mia sorella in bagno e la foto del test positivo, vedo le sue lacrime e le chiedo se sono lacrime di gioia o di paura, la sua paura era come lui avrebbe accolto la gravidanza ed è così: è una brutta notizia perché il bambino non era gradito. Lei era infelice e triste perché già si sentiva mamma”.

Nella sua deposizione in aula la giovane non pronuncia mai il nome di chi siede con la testa bassa dietro le sbarre, lo chiama sempre “l’imputato”. “Una ragazza del Sud che aspetta un figlio non è mai sola, non capivamo come due stipendi non potessero bastare per crescere un figlio”. Nella data del presunto aborto “c’é stato un ripensamento di lui, lui cambia idea, dice di desiderare quel bambino. È stato come buttare acqua sul fuoco, ha portato un po’ di quiete anche a noi familiari, eravamo pronti a supportarli”. La gravidanza era usata da lui come “un boomerang, era il momento delle responsabilità, non del voglio e non voglio”.

“Le ha fatto credere che fosse pazza che vedesse indizi di tradimenti”

Un racconto farcito anche dalla notizia di un tradimento, confessato e poi negato, in una relazione in cui “c’erano degli attriti frequenti sugli orari di lavoro e sul tenore di vita della loro coppia, lei era annoiata e lui era spesso assente in settimana e nel weekend preferiva restare a casa”. Il racconto di Chiara, “sorella e confidente” è quello di una relazione ‘incerta’, “malata, a senso unico”. “Io ero in disaccordo che lei continuasse a stare con lui, io credevo che lui l’aveva tradita ma lei era innamorata. Il mio disappunto sul viaggio a Ibiza non è stato accolto bene”, ma a maggio nell’ultimo viaggio a Napoli “vidi il suo pancione e realizzai che stavo diventando zia. Sapevo che qualcosa non andava, anche in quel frangente non andava, ma io giurai a me stessa di aver smesso di essere giudice di quella storia e sarei stata accanto a mia sorella”.Lui le diceva che era pazza che aveva perso la ragione, che i tradimenti erano sue paranoie, che era folle perché voleva controllarlo. Le ha fatto credere che fosse pazza che vedesse indizi di tradimenti, ma quei tradimenti ci sono sempre stati”.

Una relazioni finita nel delitto del 27 maggio del 2023, all’indomani dell’incontro tra la giovane incinta del piccolo Thiago e l’altra donna di Impagnatiello. “Domenica 28 maggio mi chiama una ragazza e mi racconta tutta la storia, mi dice ‘sono la fidanzata di Alessandro Impagnatiello’. Mi crollò il mondo addosso. Disse che sabato (il giorno prima, ndr) ho contattato tua sorella per dirle che eravamo le fidanzate dello stesso uomo. ‘Ho comunicato tutto a tua sorella, anche della mia gravidanza che ho dovuto interrompere’” aggiunge nella sua testimonianza davanti al tribunale di Milano.

“Era una quantità di informazioni difficile da elaborare, mi chiedeva se avessi sentito Giulia, mi chiese ‘pensi che tua sorella possa essersi suicidata? Te lo chiedo perché Alessandro mi ha detto che lei era bipolare, che aveva tentato più volte il suicidio e che le stava accanto per quello. Negai tutto, lei era spaventata che lui avesse potuto fare del male a mia sorella” racconta Chiara che chiede alla giovane di raccontare tutto ai Carabinieri di Senago che erano già in contatto con i suoi genitori. Quello è uno dei pochi momenti in cui Chiara chiama l’imputato: “Gli chiesi incessantemente dove era Giulia, lui al nome dell’altra donna era furioso. Affermò che il sabato sera era rientrato dal lavoro e mi sorella era andato a letto, lei di notte si era alzata per andare a comprare delle sigarette e poi la domenica mattina, intorno alle 7, prima di andare a lavoro lei era a letto che dormiva”. Una bugia: Giulia era già morta.

Dal banco dei testimoni la ragazza ricorda le ricerche della sorella, gli appelli sui social, e il ‘silenzio’ invece dell’imputato che, davanti alla stazione dei Carabinieri. “Mi disse che avrei dovuto mettere da parte i miei dissapori per lui, che avremmo dovuto fare squadra, mi inveì contro davanti ai Carabinieri e io non avevo neanche aperto bocca”.

(foto di Pixabay)

 

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Redazione

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