16 ottobre 1943 il “sabato nero” del Ghetto di Roma

È il  16 ottobre del 1943, il “sabato nero” del Ghetto di Roma.

Alle 5.15 del mattino le SS invadono le strade del Portico d’Ottavia e rastrellano 1259 persone,  237  poi rilasciate , e oltre 200 bambini.
Il rastrellamento nel Ghetto di Roma fu eseguito dalla brigata S. S. Einsatzgruppen agli ordini del capitano Theodor Dannecker.

Intorno alle 5.30 del 16 ottobre, mentre la comunità ebraica si accingeva a celebrare il terzo giorno della festa di Sukkot, 365 soldati tedeschi al comando di Dannecker, muniti di nominativi e indirizzi delle famiglie ebree forniti dall’Ufficio demografia e razza del Ministero dell’Interno, coadiuvati anche da una ventina di agenti di Pubblica Sicurezza della Questura di Roma e da alcuni interpreti scelti tra i carcerieri di via Tasso, circondarono il Portico d’Ottavia dando il via all’operazione “Judenaktion“. I tedeschi fecero irruzione in ogni casa segnalata, prelevando intere famiglie, spesso sorprese nel sonno, con violenza e disprezzo.Entrarono nelle case presentando un foglio dattiloscritto in italiano, nel quale si diceva:

“1. Insieme con la vostra famiglia e con gli altri ebrei appartenenti alla vostra casa sarete trasferiti. 2. Bisogna portare con sé: a) viveri per almeno otto giorni; b) tessere annonarie; c) carta d’identità; d) bicchieri. 3. Si può portare via: a) valigetta con effetti e biancheria personale, coperte; b) denaro e gioielli. 4. Chiudere a chiave l’appartamento. 5. Ammalati, anche casi gravissimi, non possono per nessun motivo rimanere indietro. Infermeria si trova nel campo. 6. Venti minuti dopo la presentazione di questo biglietto la famiglia deve essere pronta per la partenza”.

Si trattava di un’ultima menzogna per dare l’illusione che si trattasse solo di un trasferimento, cercando quindi di evitare tentativi di ribellione da parte dei rastrellati.

Le notizie sulla razzia in atto si diffondono velocemente, Non tutti gli ebrei vengono catturati: una parte al momento della retata è già fuori di casa; altri riescono a fuggire scappando sui tetti, per i cortili interni o saltando sui tram.
Molti bussano ai portoni di sconosciuti, anche di alcuni conventi; altri ancora vagano semplicemente per la città, non sapendo dove e come nascondersi.
Ad aiutarli sono spesso i vicini, i portieri, i passanti che spontaneamente li accolgono in casa, distraggono i persecutori, mettono in allerta chi non è ancora stato cercato.

Due giorni dopo, alle 14.05 del 18 ottobre, diciotto vagoni piombati partiranno dalla Stazione Tiburtina. Dopo sei giorni arriveranno al campo di concentramento di Auschwitz in territorio polacco.

Solo in 16 , quindici uomini e una donna ,Settimia Spizzichino,ritorneranno a casa dalla Polonia. Nessuno dei duecento bambini è mai tornato.

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