Tutti coloro che lavorano nel settore del wedding e i futuri sposi, sono finalmente stati accontentati: è stata annunciata anche per loro la data della ripartenza, il 15 giugno. A stabilirlo è stata la Cabina di Regia. Per poter festeggiare in tutta sicurezza, sono previste delle regole e limitazioni. Ne è un esempio il Green Pass.
Che cos’è il Green Pass?
Gli invitati, per prendere parte ai festeggiamenti, dovranno dimostrare di avere in tasca la certificazione verde. In pratica dovranno dimostrare di aver concluso il ciclo vaccinale, o di aver effettuato nelle 48 ore precedenti un tampone, con esito negativo.
Quella del Green Pass sarà la regola principale per poter partecipare alle feste di matrimonio. Quello del wedding, è il primo settore che sperimenta il pass, già in vigore per spostarsi tra le regioni italiane di colore diverso.
Al momento non è stato ancora precisato il numero massimo degli invitati che potranno prendere parte alle nozze. Su questo punto si pronuncerà il Comitato Tecnico Scientifico.
“Bene che sia stata fissata la data di riapertura — ha commentato Michele Boccardi, Presidente di Assoeventi di Confindustria — adesso chiediamo che venga individuato come valido il protocollo già recepito dalla Conferenza delle Regioni e chiediamo di non inserire nessuna limitazione numerica al chiuso se non quella basata sulla distanza interpersonale che è già stata ampliata da un metro a due metri”.
Le proteste della Federmep
Non è dello stesso avviso Serena Ranieri, Presidente di Federmep, che ha dichiarato: “Una scelta insensata e scellerata che di fatto chiude la nostra principale stagione lavorativa ancor prima di aprirla. Ripartire il 15 giugno con Green Pass e tetto al numero degli invitati si può tradurre banalmente con un invito agli sposi a rinviare, per l’ennesima volta le nozze, come sta già accadendo. Con conseguenze devastanti per gli operatori economici del nostro settore”.
Conclude Ranieri: “Abbiamo proposto protocolli di sicurezza e piani di riaperture progressive. Abbiamo messo a garanzia la nostra professionalità e dato la nostra disponibilità a trovare una soluzione in grado di conciliare le esigenze sanitarie con quelle degli operatori economici e degli sposi. In Francia, in Spagna, in Portogallo i matrimoni sono già consentiti, qui si rimanda di un mese. Ci fa male dirlo, perché il nostro lavoro è anche valorizzazione delle eccellenze italiane. Ma oggi ci rammarichiamo di non essere francesi, spagnoli o portoghesi”.