“Gonfiata ad arte“. Così Pechino ha definito la vicenda della tennista cinese Peng Shuai.
Da Zhao Lijian, Portavoce del Ministero degli esteri cinese, giunge il primo commento ufficiale sulla vicenda. “Credo che alcune persone dovrebbero smettere di gonfiare deliberatamente con malizia la vicenda, per non parlare di quelli che la politicizzano“, ha infatti dichiarato. Oggi sotto la pressione di numerose domande dai giornalisti in conferenza stampa il portavoce Zhao finalmente si è espresso. Questo dopo che per giorni il Ministero degli Esteri ha rifiutato di farlo, affermando che la vicenda della tennista non riguardasse la sfera diplomatica.
La campagna MeToo in Cina è allo stato embroniale
In Cina è molto diffusa la censura su media e social, come noto. Il tema della violenza sessuale – con la campagna internazionale di denuncia MeeToo ancora solo embrionale – non aveva mai toccato un alto dirigente del livello di Zhang Gaoli, ex vicepremier.
Su lui sono cadute le accuse della tennista, ex numero uno del mondo nel doppio femminile e vincitrice tra l’altro del doppio al torneo Roland-Garros nel 2014. Peng Shuai ha affermato che il potente politico 75enne l’avrebbe costretta a rapporti sessuali tre anni fa. Questo avveniva a inizio novembre.
Dopo la denuncia, la totale assenza di notizie ha suscitato preoccupazione e una campagna politico-mediatica globale. Non sono mancate dichiarazioni di solidarietà di star del tennis come Chris Evert e Novak Djokovic.
La scorsa domenica dopo quasi tre settimane, la tennista cinese è apparsa in una videoconferenza con il Presidente del CIO, Thomas Bach. Poco prima era stato diffuso un filmato in cui Peng appariva a un evento sportivo a Pechino: un elemento che molti critici verso Pechino ritenevano insufficiente a provare che fosse libera e stesse bene.