Federal Reserve e BCE: politiche monetarie apparentemente simili, ma contano le differenze

Il nuovo orientamento della Federal Reserve, reso noto la scorsa settimana, consente una valutazione della politica monetaria attualmente perseguita negli Stati Uniti e anche una comparazione con quanto deciso precedentemente, sempre in questo campo, dalla Banca Centrale Europea.

In estrema sintesi, le nuove misure adottate dalla Federal Reserve stabiliscono, da questo mese di novembre, una contrazione del sistema di iniezione di liquidità all’economia, previsto dal dicembre del 2020 per contrastare gli effetti devastanti della Pandemia da Covid’ 19.

Col programma originario, infatti, si aveva l’opportunità di acquistare Titoli di Stato e Titoli garantiti da mutui ipotecari per complessivi 120 miliardi di US$ al mese (rispettivamente nella misura di 80 e di 40 miliardi di US$). In questo mese di novembre, invece, l’intervento sarà limitato a 70 e 35 miliardi US$, procedendo, poi, di mese in mese, con ulteriori decurtazioni di 15 miliardi di US$ alla volta, fino a raggiungere l’obiettivo di un completo azzeramento del programma entro il primo semestre del prossimo anno.

Alla base di questa misura di riduzione graduale di acquisto di titoli da parte della Federal Reserve vi è una serie di valutazioni che vanno: dal ritenere la fiammata inflazionistica di questi mesi, come un fenomeno del tutto transitorio, ascrivibile a strozzature specifiche dal lato dell’offerta, alla probabile ripresa del PIL, che nel primo semestre aveva segnato un rassicurante + 6,5% su base annua, a un andamento del mercato del lavoro ancora sostanzialmente debole e, comunque, inferiore alle aspettative di un più marcato riassorbimento dei lavoratori in cerca di occupazione. Un quadro d’insieme, in definitiva, che ha convinto la Federal Reserve a non intervenire sulla politica monetaria, lasciando al momento invariati i tassi di interesse principali, che sono ricompresi nella fascia tra lo 0% e lo 0,25%.

L’esame del nuovo provvedimento di oltre Atlantico consente anche una rapida riflessione comparativa rispetto a quanto annunciato pochi giorni prima dal Presidente della BCE, Christine Lagarde.

Una riflessione, che sostanzialmente concerne: sia la politica monetaria, che in Europa da tempo accetta dei tassi di interesse in territorio negativo (negli Stati Uniti non è consentito in base al vincolo statutario della Federal Reserve); sia la tipologia di strumenti finanziari oggetto degli interventi (la gamma di attività acquistabili dalla BCE è assi più ampia); sia, infine, la maggiore varietà di programmi di intervento: dal PEPP – Pandemic Emergency Purchase Programme, che rimane invariato fino al marzo del 2022, all’ App – Asset Purchase Programme, senza dimenticare i TLTRO – Targeted Longer Term Refinancing Operations, prestiti a medio termine, quadriennali e triennali, su base d’asta alle banche, attualmente  a tasso negativo.

In conclusione, negli Stati Uniti e in Europa politiche monetarie di orientamento analogo sì, ma con una cassetta degli strumenti di intervento ben più ricca e diversificata al di qua dell’Atlantico.

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